venerdì 29 giugno 2012

Fare l'amore



Fare l'amore è nuotare insieme assumendo l'altro come il mare che ci porta

Lou Von Salomè


Adoro Lou, adoro il suo triangolo, e non solo letterario (Adelphi ha pubblicato "Triangolo di lettere") con Friedrich Nietzsche e Paul Rée.




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Leggiamoci ancora qualcosa di lei, questa volta a Rilke ...

Se sono stata la tua compagna per tanti anni, fu proprio perchè tu mi sei apparso per la prima volta reale, corpo e persona indivisibilmente uno, indubitabile dato di fatto, prova reale della vita stessa.
Avrei potuto confessartelo ripetendo le tue esatte parole, che pronunciasti come dichiarazione d'amore: "Tu sola sei reale".
Per questo divenimmo sposi prima di esser diventati amici, e amici lo diventammo in seguito non tanto per elezione o scelta volontaria, ma fondamentalmente per lo stesso motivo: per aver già consumato le nostre nozze.

Non erano due metà che si cercavano in noi: una stupefacente totalità si riconobbe rabbrividendo di fronte all'inafferrabile tutto.
Perciò fummo innanzitutto fratelli - come nei tempi primordiali, prima che l'incesto fosse considerato un sacrilegio.



[da "Aprile", Lou Andreas Salomè, Memorie su Rainer Maria Rilke, Via del vento edizioni]


Che meraviglia, e sono senza parole ... certo, non stiamo parlando di una donna qualsiasi, ma di una folle personalità, una Musa che catturò nella rete della sua torbida e pulsante mente, personalità del calibro di Nietzsche e Rilke (a lui sono dirette le frasi che abbiamo letto assieme).

Fose sì, fu una Ninfa ...

Curioso il triangolo (amoroso, amorale, chissà) tra lei, Friedrich Nietzsche e Paul Rée, di cui resta una curiosa e notissima foto con tanto di carretto (oh no, non si tratta della locandina del film di Troisi "pensavo fosse amore ... invece era un calesse" ma poco ci manca) ...

Sorrido ... ma li stava per caso scudisciando, i due disubbidienti intellettualii? ... Lei sì, che ben spiega come non sempre servano parole, scrittura, poesia ... a volte ci vuole la frusta!

Ammetto di essermi stupito enormemente per quel riferimento ai fratelli incestuosi ... è possibile, mi domando, definire una donna "mia delirante sorella incestuosa"?

In effetti, a volte, certe relazioni non possono essere spiegate se non con immagini molto forti, nel tentativo, in genere vano, di descrivere semplicemente una delle tante, tantissime, infinite forme di AMORE tra esseri viventi.

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A proposito della frase iniziale ... amo moltissimo il mare, così come l'abbinamento tra onde e amore.

Far l'amore è accomunarsi nei medesimi liquidi, nuotare assieme sulla pelle che brucia come d'estate, è lasciarsi trascinare senza timori da vortici e gorghi, con la convinzione che quell'annegare sia la strada più breve per restare vivi.

Qualche nota ...

http://youtu.be/Vg-0DFNTBm0


... e un bacio a chi passa di qui.

Ecli

sabato 23 giugno 2012

Delirio nero corvino


A volte, soltanto passeggiando, ti capita di vivere dei veri e propri sogni erotici, quelli che ti spingeranno a rincorrere una tastiera e a buttartici sopra, a capofitto, senza riuscire a fermare il tuo flusso di pensieri. Fissare un istante, scolpire su carta un’immagine cristallizzatasi sulla retina. E’ urgenza, è delirio. E non importa a chi la farai leggere, questa pagina di diario senza capo né coda, non ha senso chiederti adesso se poi rileggerai mai questi appunti. Da quanti anni non rileggi quello che scrivi?
Sai solo che oggi è un sabato, è un 23 giugno, un giorno ai margini iniziali dell’estate, uno dei tanti (o forse troppo pochi?) che ancora ti saranno concessi, bigliettini da strappare con uno o due numeri tratteggiati in rosso, su quel bianco calendario tendente ad ingiallire col trascorrere del tempo.

Mi osservo, mi rivedo, mi racconto.

Passeggio in città, solo, perso tra vie caldissime, alla ricerca di una nota cartoleria; lì, tra commesse zelanti sparpagliate nei vari reparti, avrei acquistato delle cartucce per la mia stilografica. Servirà, poi, tanto inchiostro? E’ un pezzo che non scrivo pensieri su un foglio di carta, da tempo non annoto emozioni, titoli di libri, frasi solo percepite, poesie di cui ricordo magari l’incipit afferrato in televisione, e canzoni che ritroverò alla radio nei giorni a venire, partendo da qualche strofa. E’ tanto che non vivo così, con la gioia di arricchirmi e respirare tutto ciò che mi circonda, e che si appalesa soltanto se ho l’animo predisposto, se mi sento “in amore” con la vita, se ho voglia e necessità di spendermi.

Le vie si incrociano e non riesco a ricordarmi esattamente la strada, del resto le città adottive vanno vissute così, vagabondando il corpo dove capita. Cerco quelle tende rosse, quei locali freschi che odorano di antico, perché è dal 1872 che quell’esercizio commerciale sopravvive alle intemperie economiche e all’evoluzione della specie. Ma le penne, là dentro, non devono essere cambiate poi molto, se pensiamo a marche con una considerevole tradizione alle spalle, per esempio Montblanc o Waterman. Alcune stilografiche, tra quelle corsie, le avrà provate e comperate persino Ettore Schmitz, in arte Italo Svevo, uno dei miei scrittori preferiti, il simbolo letterario della città puritana e decadente in cui sto passeggiando, espressione dell’uomo borghese di allora, senza valori importanti per i quali, in quel momento storico, valesse la pena lottare, sognare, urlare, farsi male. Figurarsi oggi …
Sono convinto, sì, che anche Ettore, in un modo o nell’altro, abbia avuto modo e piacere di seguire, con la coda dell’occhio, il volteggiare di qualche fanciulla tra scaffali e mensole, occhi dalle ciglia sfuggenti, alla ricerca di un colore, di un inchiostro, di un segno da lasciar sbiadire, come vuole la vita, come impone l’esistenza in cui ci hanno gettato. Risuonano quelle parole:

 “Perché siamo tutti un branco di bestie che rubano, violentano, uccidono, feriscono, soffrono, piangono e amano solo per ingannare la morte …”

[Isabel-Clara Simò, La selvaggia, Anabasi]
E’ davvero un voler sputare in faccia alla morte, ogni nostro affannato e goffo tentativo di amare, di perderci negli occhi altrui, nel corpo e nell’anima di un essere “altro da noi”. Viviamo per costruire attimi di Paradiso necessari a rimandare l’ultimo bigliettino di calendario, ad evitarne il pensiero, la sola idea.

Amare è l’unica cosa essenziale, il resto sarà sbriciolato e sparpagliato dal vento, nelle direzioni più impreviste.

La gente attorno a me continua a correre affannata, sudata. Voglio prendermela con comodo, voglio recuperare il mio tempo, voglio starmene con me. Finalmente.  
Meno male che oggi c’è un intenso vento di bora, tiepido, che accarezza e non disturba, che liscia il viso come farebbe un foulard di seta sulla pelle, e fa sparire le goccioline di sudore che la cute espelle, costretta com’è a difendersi dai raggi di un sole prepotente e accecante. In lontananza, il mare rimbomba, impetuoso, sugli scogli, e nugoli di surfisti affrontano gli aliti di vento del Golfo, col coraggio di chi sa bene che, prima o poi, si finirà in acqua e ci si dovrà rialzare, stendendo le vele e ricominciando a gonfiarle per correre di nuovo incontro all’avventura. C’è ancora un’avventura, gorgheggiava negli anni ’80 la mia amata Anna Oxa:

Non vedi che questa città è un dormitorio pubblico
e quando poi si sveglierà un manicomio cosmico sarà, però
c'è ancora un'avventura c'è ancora un'avventura per noi
c'è ancora un'avventura c'è ancora un'avventura se vuoi.


Ci può essere sempre un nuovo incontro, un istante che non ti attendi, una sorpresa. Dietro l’angolo buio in cui pensi di esserti infilato ....

E intanto il caldo si fa più soffocante, e il vento continua a mitigare il senso di sfinimento.

La bora … amata, amatissima, soprattutto d’inverno, quando urla fuori dalle finestre e ti fa apprezzare il tepore del tuo nascondino, della cuccia in cui vivi. La amo, ventosa e impertinente, quando accarezza la mia solitudine su una roccia carsica levigata da anni di flutti e di mareggiate, tra le grida di bianchi uccelli a chiederti del cibo. La odio non appena mi proietta addosso i resti che abbandoniamo per le strade, nella nostra maleducazione. Sì, forse fa bene a darci qualche schiaffo di educazione, lei che funge da straordinario spazzino. Ma le particelle non si distruggono, possono solo spostarsi più in là, tra la nostra indifferenza quotidiana. E' roba altrui, diciamo. E la odio quando soffia a farmi pensare che è bello avere delle mura a proteggerti, ad attutire i suoi fischi continui contro le finestre, mentre le urla, quelle umane, ed i dolori, e le sofferenze restano dentro, mentre le vorremmo lanciare, gridare fuori di noi, per liberarcene, alla velocità del vento …

E’ curioso come alcuni angoli di città, certuni angoli nascosti, sembrino moltiplicare la forza del vento; questo, proprio nel momento in cui meno te l’aspetti, ti si proietta addosso come su una vela, gonfiandoti la camicia, facendo rabbrividire i sacchetti che porti con te, bianchi fantasmi riciclati, costringendoti talvolta a ruotare il viso, per non ricevere una sferzata d’aria in pieno volto.

Attraverso la strada e, da un angolo, da un filo d’ombra, compare lei, sospinta dal vento, una perla nera nel giallo ocra incartato tra l’azzurro di cielo e mare. Impossibile non fermarsi col fiato in gola, impossibile non aspettare il suo passaggio davanti a me. Forse 40 anni, sicuramente una vera Donna. Esattamente ciò che desidererei per bruciare dentro, oltreché fuori. Capelli ricci, folti, lunghi, corvini. Neri, maledettamente neri, neri come la pece. Mi hanno sgridato, e a ragione, perché a volte mi confondo tentanso di distinguere tra una Donna mora ed una castana. No, stavolta quei capelli erano dello stesso colore degli occhiali che le coprivano gli occhi, e neri come quel vestito, sottile, delicato, impudente, che indossava. Un vestitino intero, lungo fino a metà coscia, nero, totalmente nero, forse di seta, comunque liscio, carezzevole. Attorno alla vita una cinturina, sottile, di color beige. La lascio passare, sfila per me. Noto immediatamente i suoi capezzoli, tesi come aghi, avvolti dal tessuto serico, inturgiditi dal vento e dal contatto, continuo, con la stoffa svolazzante. Non indossa alcun reggiseno, e lo capisco quando i miei occhi si appoggiano sulla sua schiena. Tanto castigata e protetta lei, davanti, quanto scollata, aperta, audace, dietro. Ha il corpo perfettamente abbronzato, e le gambe tornite e ambrate, che svettano su scarpe dal tacco altissimo, maculate in stile animalier, aperte davanti e chiuse dietro, esattamente l’opposto del vestito. La osservo estasiato, sono istanti infiniti, anche se mi sta semplicemente scorrendo di lato, alla ricerca di un negozio. Pure lei. Persi entrambi, forse a cercare un qualcosa per dare un senso al niente che siamo, e saremo.

Scatta in quell’istante, in quel preciso istante, il mio fermo-immagine … una raffica di bora calda ci esplode addosso, e le fa salire il vestito, glielo fa attorcigliare ed aderire sul corpo. Noto che uno spacchetto laterale, sbarazzino, lascia scoperta la coscia destra, lei non se ne avvede, o non le interessa proprio porvi rimedio, probabilmente neppure mi ha notato, e le sono ormai dietro. Non scorgo segni di intimo, non ci sono righe bianche da costume. L’abito nero si adagia sulla pelle della gamba, vi si avvita attorno, e, svolazzando, riesce a svelarmi l’inguine. Che sensazione, una gamba svettante sui tacchi, dall’attaccatura al collo del piede, abbronzata, con il vestito aperto senza vergogna attorno al centro della sua femminilità.

Mentre la guardo, fermo immobile, lei si infila in un negozio di cianfrusaglie cinesi. Nuda, completamente nuda sotto quell’abitino nero così lieve, così carezzevole sul suo corpo. Così aderente per le folate di bora.

Ripenso alla brevissima poesia che riesce, ogni anno, ad ispirarmi l’immagine dell’estate:

Verrà l'estate
e avrà il tuo vestitino

(2004, Corrado Calabrò, da "la stella promessa", Mondadori)

E’ un anno strano, stranissimo, questo. Perché è l’anno in cui, al mio solito delirio per le donne dai capelli rossi, provocato dal trauma adolescenziale del primo bacio all’henné, si è sostituito il sogno della donna mora, corvina, con la pelle ambrata, sensuale e profumata. Scura, con un retrogusto di vaniglia o di cocco. Capelli ricci, neri, difficili da sgrovigliare, sempre arruffati, tanto che spazzolarli sarebbe come aprirsi un varco con mani e braccia nella foresta amazzonica.

Ed ho un’amica, bellissima, proprio così, mora. Corvina. Sensuale. Dal corpo mozzafiato. Che mi ha lasciato accarezzare i suoi capelli, e mi ha abituato a stare accanto alla sua bellezza, a conviverci, ricordandomi sempre che lei non è solo pelle, non è solo una splendida Donna, ma è anche soprattutto intelligenza, costanza, presenza, fragilità.

Avrei voluto tornare indietro, entrare in quel negozio di cineserie, sorriderle e dirle: “lei è un incanto, e sarà più tardi  la mia scrittura, una pagina di ventosa sensualità”.

E vorrei che la mia amica intima, un giorno, mi raccontasse di essere uscita proprio così, nella sua caotica città, sola e solo con quel vestitino con gli spacchetti laterali, scollato dietro e timido davanti, completamente nuda, dentro. Vorrei che mi raccontasse le sue sensazioni, avvolta in quel guanto nero, delicatissimo ed eccitante. E amerei sentire da lei la descrizione del peso derivante dagli occhi degli uomini incontrati, alcuni impreparati, altri incuriositi, tutti rapaci e predatori. Chissà se, a sua volta, passeggiando alla ricerca di un negozio di cose inutili, ispirerà una scrittura maschile, e farà muovere una tastiera, trasformandola in suono, ad imitare il ticchettio dei suoi tacchi sul marciapiedi.

Oh, che strani pensieri maturano, passeggiando per città …

A cercare una perla nera tra gente sconosciuta, insapore e incolore. Perso tra caldo e vento, mentre il giorno scorre via, a esaurire un altro 23 giugno.

Resteranno solo queste parole, e questa pagina di diario. Che lei non leggerà, ed io non rileggerò. 

Eclissi

giovedì 21 giugno 2012

Il meccanismo dell'altalena

http://www.youtube.com/watch?v=WpG6uIHOPOE

[Sandra, Secret Land]


Chi di voi frequenta ancora le altalene, come la protagonista, bellissima e seducente, del brano che starete certamente ascoltando? Io sì, sì. E spesso questo avviene davanti al mare, quando il vento soffia impertinente.

Immaginate il mio luogo di volo come una sorta di esagono d'altalene, le gambe che spingono il corpo sempre più in alto, il desiderio è di arrivare su, su, sentire l'aria farsi sempre più sbarazzina, il viso rosso, gli occhi che lacrimano, e salire, salire, alla ricerca di chissà cosa.
Ma poi, ecco, improvvisa ma prevista, la forza che ci porta rapidamente indietro, condannandoci, a ritroso, a riflettere su quel nostro eccessivo desiderio di andare oltre, più su. Fino a dove potremmo mai spingerci, mi sono sempre chiesto ... e perchè questa maledizione di dover procedere a stadi, due passi avanti, uno indietro, così nella vita, nelle scienze, spesso nell'amore.

Se ci si spinge molto avanti magari si arriva ad incontrare il corpo (l'anima in casi eccezionali) di un altro essere, lanciato come noi partendo da un lato diverso dell'esagono, anche lui alla disperata ricerca di un contatto, di una breve condivisione, di un'affinità. Di un tocco. Eccolo, individuato, è lui ...

Se si vuole arrivare ancora più in là, dove la nostra altalena sembra non consentirlo, dove sembrerebbe vietato dalle regole imposteci, beh, sentiremo le catene rilasciare l'asse su cui sono fissate, e poi tendersi, con forza.

Prima avvertiremo la sensazione di esserci staccati dal nostro mezzo di volo, un tuffo in alto, liberatorio, poi un rumore sordo di catene, uno strappo a fondo, che ci farà vibrare completamente, quasi un ceffone.
Inizialmente sarà un attimo di Paradiso, il momento tanto atteso, non sembrano esserci più barriere, vincoli, limiti, stiamo volando, felici come bambini, forse è amore. Subito dopo, ecco la discesa, inevitabile, eccoli i nostri Inferi. Scenderemo giù, col cuore che batte forte per quell'istante strappato all'impossibile, e rammaricati per l'ennesima dimostrazione che, quel Paradiso, è solo un attimo di coraggio, una scelta da pazzi di cercare ancora un oltre, un di più. Chi ce l'ha fatto fare, ci racconteremo guardando in nostri occhi di dolore, nello specchio riflesso della nostra anima.

Continueremo però a cercare, a sperimentare, a studiare, a percorrere altre strade. A sfidare il pensiero, il destino, l'amore, tutte le sue varianti. A salire un passo ancora, fino ad una meta che è solo percorso, e magari neppure esiste.

Passi indietro e nuove spinte in avanti, Paradisi e Inferni.

Sembra di vivere su un'altalena ... non vi pare?

Tutte queste riflessioni nascono dalla lettura di una splendida poesia, che vi riporto e che lascio al vostro risveglio. Intanto, consentitemi di gustare la cantante, che è stupenda. Un sogno, direi.

Eclissi


LE ALTALENE
============

Le altalene non fanno notizia,
sono semplici come un osso
o come un orizzonte,
funzionano con un corpo
e a mantenerle basta
una mano di vernice ogni tanto;
ogni generazione le dipinge
d'un colore diverso
(per ravvivarsi l'infanzia)
pero' le lascia come sono,
non si fanno ricerche su nuovi
tipi di altalene,
non ci sono le gare
di altalene,
non si danno lezioni
di altalena,
nessuno si ruba
le altalene,
la radio non trasmette
cigolii di altalene,
ogni generazione le dipinge
d'un colore diverso
per ricordarsi di loro,
che iniziano i bambini
alle parentesi,
alla malinconia,
all'inutilità d'ogni sforzo
di essere diversi;
in cui i bambini bruciano
le proprie riserve d'impossibile,
le ultime metamorfosi,
fino a che un giorno, senza una goccia
d'umidità, scendono
dall'altalena
verso se stessi,
verso quel nome proprio
più vero per ciascuno, verso
la morte ancora lontana.

Fabio Morabito

Verrà l'estate ...


Verrà l'estate

e avrà il tuo vestitino


(2004, Corrado Calabrò, da "la stella promessa", Mondadori)


Ps: il quadro è "nel vestito rosso", di Janusz Orzechowski

domenica 17 giugno 2012

Scendiamo assieme, fino al mare


Ti sto aspettando, qui, davanti al mio blu. Confido che sarai già pronta per uscire, la borsa piena di te che trasuda voglia di mare: ci sono le creme abbronzanti, la trousse dei trucchi, l'asciugamano, i costumi che probabilmente non indosserai. E hai con te dei regalini, l'inseparabile penna stilografica, forse qualche libro con dei passi che vorrai leggermi, sai bene quanto mi sia piacevole la tua voce delicata, da bambina. Ti penso, amore, sarai arrivata già stamattina. Era tutto come ti aspettavi, vero? Mi conosci, quando mi metto in testa una cosa divento un perfezionista, e voglio che tutto vada come l'avevo immaginato, nonostante i possibili impedimenti dell'ultimo momento, nonostante qualcuno possa scoprire questo mio cuore che vola altrove, che cerca una carezza, che si prepara a realizzare il primo tradimento della sua vita. Con te. Ho ancora scolpite nella testa quelle tue parole, così nette, decise, mi avevi spaventato, all'inizio di tutto:

*
"Continuiamo a camminare insieme su questa via, a tenerci compagnia, a condividere pensieri, passioni e sogni E' tradimento tutto questo? No, nella maniera più assoluta! Già ti ho spiegato che, secondo il mio modo di vedere le cose, il peggior tradimento è quello che faremmo a noi stessi privandoci di qualcosa che ci fa star bene. E anche se fosse mi interessa? Ancora una volta la risposta è negativa "
*

Stavolta non ho scuse, devo mettere da parte la mia razionalità, e finirla con tutti i ragionamenti, i bilanciamenti, le valutazioni, i pro e i contro, i vantaggi e gli svantaggi. Il cuore non ama pianificazioni, non procede a tappe ma a scosse elettriche, a fulmini, a burrasche e mareggiate. E' sempre pronto a corse a perdifiato e a fughe improvvise, non appena lo si voglia lasciar fare, rendendolo libero di decidere.
Sono le tre del pomeriggio, e starai partendo dall'albergo che ho scelto per il tuo fine settimana. Indosserai, come d'accordo, dei pantaloncini corti, una coloratissima polo e le scarpe da ginnastica, hai la pelle già abbronzata, e la borsa piena di tutto quello che non riusciremo ad usare. Immagino la tua sorpresa, stamattina, dopo essere stata accolta come una principessa dai gestori dell'hotel. Ho prenotato per due, ma considera il mio imbarazzo a salirci con te, in quella camera, io che non ho mai frequentato i luoghi degli amanti. Per questo so che vivremo tutta la notte al mare, fino ad incontrare l'umidità che l'alba porterà con sé, sperduti per un giorno, introvabili da tutti. Anche in albergo potrebbero chiedersi perché la camera, seppur pagata, così elegante e piena di luce, rimarrà vuota, questa notte. Semplicemente perché non abbiamo bisogno di altro che non sia il nostro noi, oggi.
Ti ho spiegato bene come arrivare qui da me, dove sono ora, affacciato a questo mare che si fa inghiottire dal cielo, un capovolto e luccicante ingorgo di nuvole. Hai trovato un biglietto d'autobus, sul comodino, e poche istruzioni che avevo consegnato alla reception, prima che tu arrivassi. La fermata è poco distante, attendi quel pullman e controlla le fermate. Scenderai lungo la strada che costeggia il mare e mi troverai, semplicemente così, dopo aver attraversato la strada. Incontrerai una solitudine. La mia. Quella che conosci solo a parole, quella che hai amato fin dal primo contatto, quando hai voluto rispondermi. Entrando per la prima volta in me.
Eccoti, ti ho vista, finalmente ci sei. Anche tu mi hai individuato, per forza!, non potrebbe essere altrimenti, sono l'unico che cammina nervoso dall'altra parte della carreggiata. Io e te, lungo una strada a picco sul mare, spettatori dell'incontro i pochi automobilisti che ci scivolano accanto senza badare a chi siamo e al perché siamo finiti in questo fazzoletto di arbusti, ingoiati dal sole, a picco sul mare.
"Ciao S., ben arrivata. Come stai?" mi baci sulla guancia, mi sorridi, non ti spaventi di me, mi conosci già bene. Conosci i miei pensieri, conosci il rispetto profondo che nutro per la donna che stai diventando. Conosci la mia timidezza, e puoi intuire la battaglia interiore con cui sono arrivato qui, da te, fino a noi. Non ricordo di chi sia stata l'idea, stravagante e folle, di organizzare un bagno assieme, nudi, in una spiaggetta deposta ai piedi di una trafficatissima strada che costeggia il mare. Forse l'idea era stata mia, ma poi tu avevi accettato di buon grado, non me lo sarei mai aspettato. Avevi proprio sognato questo momento, e non ti eri fatta scrupoli a raccontarmelo, in nome della libertà che è sempre stata alla base della nostra intensa relazione di parole. Scrivevi, alcune settimane fa:

*
"Stanotte ho dormito per la prima volta da giorni un'intera nottata tranquillamente senza svegliarmi. Ho pero' fatto un sogno. E credo davvero di avere sognato te mio caro...
Ovviamente nel sogno eri solo una figura confusa. Che nemmeno saprei descrivere, ma nel sogno io sapevo che eri tu! Ero là, sulla spiaggia. La famosa spiaggia in cui mi vedevo pochi giorni fa quando avevo la voglia matta di fuggire da tutto. Stavo fissando il mare, ad un certo punto dei rumori vicino a me mi incuriosirono e vidi una figura che mi si avvicinava. Eri tu, lo sapevo. Eri a pochi metri da me e io, ridendo di gioia infinita mi buttai fra le tue braccia ... mi tenevi abbracciata, senza parlare, anche io non parlavo. E poi ci buttammo nudi in mare insieme "
*

Prendimi per mano, dai, e scendiamo giù. Vedi, dobbiamo andare là, dove le onde accarezzano gli scogli, e dove tutto è rimasto selvaggio. Vuoi? Ci aiuteremo a vicenda lungo il percorso, leggermente scosceso. Se ti va, ti prendero' per i fianchi nei punti più impervi (e lo faro' accarezzandoti di nascosto, nella vana speranza di non essere notato), vedro' di accompagnarti a braccetto per non farti scivolare giù, tra i sassetti del ripido sentiero e le piante ribelli. Hai il corpo di una ragazzina, e gambe tornite ed eleganti che potrebbero salire e scendere decine di volte questo dislivello. Non hai bisogno di me, con le energie dei tuoi anni, ma ci siamo scelti, e voglio accompagnarti dove vorrai portarmi, fino al punto in cui le nostre solitudini si riconosceranno.
Ci sono delle grosse funi, appendiamoci e scivoliamo giù, piano. Davvero morbide, le tue gambe e quei pantaloncini così corti, poi! Ma hai indossato davvero il costume? Posso solo sfiorare il tuo corpo con le dita, c'è troppo buio per osservarti bene, lungo questo tragitto ricavato tra alberi aggrappati alle rocce, in una simbiosi maledetta, apparentemente impossibile, quasi come la nostra. Afferra la corda, e stringi la mia mano; e non ridere, tesoro, altrimenti scivoleremo nel burrone, e non era in programma, o non così presto! Ora affacciati e guarda giù. Lo vedi quello spuntone di roccia, ce la fai a scorgerlo? Sarà la nostra isoletta, il rifugio su cui costruiremo un ricordo. Potremmo raggiungerla a nuoto, arrampicarvici sopra, prenderne possesso. Nessuno oserà avvicinarsi. Ci stenderemo sopra, al sole. Io e te. Guardandoci, finalmente, negli occhi, e specchiando divertiti i nostri corpi negli altri due, simili a Narcisi, che il mare proverà a restituirci. Quanti siamo adesso: due, quattro e saremo mai unità?
Ecco, sta ormai finendo il lungo tunnel che scorre a zig-zag tra la fitta vegetazione pensavi forse di trovare vipere, ragni giganti, pipistrelli, lungo il percorso? Ma no, non c'è nessuno qui, solo silenzio, solo odore di vegetazione, solo i nostri respiri, vapori umidi di desiderio. Laggiù, vedi, ci sono dei gradini di roccia, e finalmente saremo al mare. Attenta ai sassi, adesso, e cammina piano, non storcere troppo le tue delicate caviglie.

"Ecco, appoggio le mie poche cose qui, cosa dici?" Meno male che ho portato dei tappetini di plastica, tipo quelli che si usano nelle palestre, per non percepire troppo la tortura proveniente dagli spigoli dei sassi più aguzzi. Ho con me, nello zainetto, il quotidiano che non mi farai leggere, e la cartellina piena della tua scrittura, che diventerà a quattro mani, oggi. Cosa mi scriverai, dopo? Soprattutto, quali parole disegnerà l'inchiostro delle tue voglie sul mio corpo? Riusciremo a descrivere con lucidità questi momenti, o ci torneranno in mente, nei giorni a venire, dei lampi di sensazioni, da catturare subito prima di essere persi per sempre?
A proposito di mare ... Non te l'ho mai chiesto ... ma tu, sai nuotare? Imparare a nuotare ... e se la mia domanda nascondesse una metafora? Oggi, quando ti avvicinerai alla mia bocca per un bacio, dovro' lasciarmi andare, con te. Dovro' dimostrarti di sapere e volere nuotare nei tuoi liquidi, nei miei, nel liquido amniotico che protegge ma ingabbia gli innamorati, astraendoli dalla realtà in una grande bolla di perdizione. Ricordi quando mi scrivevi di come occorra essere recettivi alla crescita vicendevole, citando un libro famoso che avevi letto da adolescente:

*
"Ci stiamo, per rimanere in tema, addomesticando!!!! Posso essere io la tua addomesticatrice? Puoi essere tu il mio? In qualche modo lo stiamo già facendo, non credi?
Continua ad accarezzarmi l'anima, ti prego lo stesso faro' io con te Prendiamoci cura l'una dell'altro In questo modo tutto nostro, in questo modo così particolare ma che mi sta facendo stare così bene, e spero davvero che lo stesso valga per te "
*

Mi guardi, e maliziosamente mi spieghi che hai voglia. Hai voglia d'acqua, adesso. Ed hai voglia di me. Mi baci lievemente sulle labbra, all'improvviso, con una naturalezza sorprendente. Il primo bacio vero, ma è quasi rubato, non me l'aspettavo. Continua, ti prego, non permettermi di ragionare, di riflettere. Non permettermi niente che non siano emozioni.
Ridi, ti alzi e inizi a spogliarti. Sei bellissima, sai di gioventù. Solo 29 anni, da poco ... Getti via la maglietta, i pantaloncini, le scarpette di pelle bianca e i minuscoli fantasmini. Indossi un succinto costume, che tra poco toglierai. Ora vuoi me, il mio corpo. L'acqua su di me. Mi vuoi acqua, non corpo. Mi vuoi liquido, vuoi che i nostri fluidi si confondano, si mescolino assieme, in un mix di perversione e piacere. Sorridi ancora e mi inciti, spogliati, amore, dai, getta a riva tutta la zavorra che indossi, poi ti insegnero' come si affronta il mare aperto sganci il reggiseno lasciando libero il tuo seno morbido e sodo, e ti sfili anche l'altro pezzo del costume, quasi ad imitare una sirena ammaliatrice. Anch'io ho voglia di nuotare con te. Forse, ho semplicemente voglia, senza aggettivi, senza propositi, senza attese. Ho voglia e basta. Cosa mi farai, in quell'acqua gelida? La pioggia di ieri avrà infreddolito il mare. Il gabbiano è ancora lì, sulla punta della nostra isola, e ci osserva curioso, nudi come siamo, mentre camminiamo tra le pietre aguzze, tentando di raggiungere i ciottoli più piccoli, depositati sulla riva. L'acqua è trasparente, e il fondale di sassi chiari ci permette di osservare i piccoli pesciolini che scodinzolano tra le nostre gambe. Ti osservo di schiena, sei bellissima, con i lunghi capelli mori raccolti da un grande mollettone, la nuca scoperta. Hai i glutei sodi che scattano decisi, cammini sicura, sei più prudente di me nello spostarti tra i sassi annegati dal mare. Non immagini quanta voglia avrei di afferrarti da dietro, per stringerti a me con entrambe le braccia, in attesa di vederti reclinare il collo in modo da permettermi di appostarvi un tremolante contatto di labbra. Ti piaccio, vero?, sembri mormorare, maliziosa, ritta di profilo, consapevole del tuo corpo. Ti guardo smarrito. Avvicinati, avvicina la tua mano. Sarà bagnata, ghiacciata, decisamente diversa dalla mia, che sarà caldissima, in ebollizione. Si fonderanno assieme, riequilibrando le differenze, le diversità. Tendila verso di me, quella mano. Sarà il segnale, l'inizio del dolce baratro che hai architettato da tempo. Mi fermo e ti aspetto, fino a quando ti avvicini e allunghi le tue braccia verso di me, per accogliermi, invitandomi ad appartenerti. A volte ci sono lievi, apparentemente banali contatti che possono far perdere letteralmente la testa, facendoci dimenticare pudori, paure, sensi di colpa. Atti che decidi di realizzare in un istante, con l'istinto, senza pensarci. Sono quelli i momenti che non dimenticherai, che cambiano il volto alla tua vita, che ribaltano ogni previsione, superano ogni fantasia, sono istanti perfetti, unici, pezzi rari, irripetibili, nel confuso mosaico che è il nostro vivere.

L'acqua, con delicati sciabordii, danza lungo la linea del tuo seno, vedo i capezzoli turgidi e estroflessi che - in sintonia con i tuoi respiri emozionati ed aritmici - emergono e si rituffano nell'acqua. Via via che continui a respirare, quei due coltelli aguzzi si affilano, e tu ti diverti a dondolarli su e giù nell'acqua, mostrandomeli eccitati e goccianti, mentre distendi le braccia per sollevare i capelli, alzando ancor di più il petto verso l'alto. Ti attendo, in silenzio, senza fiato. Bagni le tue dita, due dita, e me le passi sulle labbra, che apro lievemente. Le senti screpolate, ma non immagini la temperatura del mio corpo, quella tensione che mi provoca aridità. Ne approfitti per sfiorare la punta della mia lingua, che ha sete, sete di te. Scivoli nella mia bocca, e ti lascio fare, senza difese. Vedi, non ho paura di essere amato, e quanto ci rende stupidi e senza difese, l'amore. Sii crudele, me lo merito, puniscimi per tutte quelle donne che non ho voluto amare, che ho rifiutato per paura di me stesso, e che avranno giustizia, tutte assieme. Da te.
Mi porti un po' al largo, ti giri e ti avvicini incollando il tuo corpo al mio, siamo alti uguali; sento i tuoi capezzoli appuntiti che si sfregano sul mio petto. Sono lame gelide che tracciano i cerchi del tuo respiro. E mi baci, finalmente, sulla bocca, un lento pastoso mescolarsi di lingue, mentre accosti decisa il tuo pube al mio membro eretto. Un bacio lunghissimo, intenso, profondo, un bacio di fame, reale, a far cessare un lungo digiuno. Era il tuo sogno, ricordi? C'è sempre stata, immancabile, la scrittura, a tracciare le attese dei nostri sensi:
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Ti scruto con uno sguardo malizioso furbetto e ti bacio Le tue labbra sanno di sale, proprio come le mie Le nostre bocche si schiudono e lo nostre lingue iniziano una piacevolissima lotta fra di loro Credo che in quel momento mi piacerebbe da matti essere una Lolita tentatrice, che si aggrappa alle tue spalle per stringerti di più a te Corpo contro corpo
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Ti lascio completamente avvinghiata a me, nel corpo a corpo che desideravi. Ti strusci lungo il mio membro eccitato e ormai teso allo spasimo, esercitandovi delicate pressioni, per poi staccarti un attimo, istanti sempre più distanziati che mi provocano eccitazione e senso di mancanza assieme, attesa di nuovo bruciante calore dovuto al contatto con la tua pelle nuda e gelata. Come sai essere perversa, quando vuoi. Si sente quanto vorresti racchiudere il mio sesso completamente in te, modellando le mie vene pulsanti nella tua carne accogliente, fino a riempire quell'ingresso al tuo dentro le cui porte si stanno inesorabilmente spalancando, salate ancor più del solito. Mentre punti gli occhi dentro ai miei, invitandomi a non abbassare lo sguardo, seguo il tuo viso sul mio petto, e la bocca avida sui capezzoli; frughi e succhi, li afferri con i denti quasi volessi strapparmeli non mi dai modo di sfuggirti. Ma lo voglio davvero? Mentre ti avventi sul mio petto, riesco solo ad afferrare i tuoi fianchi morbidi per lasciare scorrere le mani attorno ai tuoi glutei, con cerchi regolari, aprendoli e richiudendoli, passandovi in mezzo, sfiorando solchi, aprendo varchi, infilandomi dove mi lasci fare. Accarezzo lieve la spaccatura fradicia, nascosta sotto le calme acque del mare. Non ci sono resistenze, attriti. Nessuna tra noi, nessuna nel mare. Liquido fuori di te, dentro di te, su di me. Ovunque. Forse, davvero, il Paradiso è proprio una bolla d'acqua, insonorizzata dal mondo, entro cui lasciar parlare i sensi.
Riesco ad afferrarti da sotto, ti sollevo, non pesi nulla, nell'acqua. Sei agile come un pesce, e sfuggente. Così ne approfitti per aggrapparti a me, per incastrare le tue gambe dietro alle mie. E mi sorprendi, ti inarchi morbidamente e attendi che io porti le mani nuovamente sui tuoi fianchi, per sostenerti, quasi dovessi spiegarti come si deve fare per rimanere a galla. Sembra un tuffo all'indietro, in acqua. Ma sai nuotare, allora?
Vedo i tuoi capelli che si proiettano dentro al mare, filamenti inquietanti del salice nero in cui ti sai trasformare, e quei dannati capezzoli, sempre più tesi verso l'alto, affilati, che galleggiano, simili a boe di segnalazione. Ti stacchi leggermente da me, e ti lasci andare, a braccia allargate. Ora sì, voglio sostenerti, quasi cullarti, accoccolata tra le mie braccia, mentre respiri e liberi i tuoi affanni. Lo senti, il mio sostegno? Non è solo cerebrale, adesso. Ci sono le mie braccia, che ti aiutano ad abbandonarti, tieni le orecchie sott'acqua, gli occhi chiusi. E' bello vederti serena, abbandonata ai tuoi sensi, sai che non ti posso più far male, non adesso, non con me. Perché io ti amo. Non affonderai, no, non ora. Non oggi. Il dolore arriverà, ma non in questo momento. Ora sì, posso finalmente accarezzarti il ventre, le gambe, salire muto fino alle grandi labbra, e ripercorrerti al contrario, dove i palmi delle mie mani saranno delirio, per te. Tocca a me, adesso, è il mio turno, devo dimostrarti di avere imparato la prima lezione. Mentre te ne stai ad occhi chiusi, ho appena bagnato le mie dita, e con esse raggiungo le tue sopracciglia, passando per il collo, lungo le tempie. Scrivo su di te le lettere del tuo nome, inizio dalla S. Ecco gli occhi, le ciglia, le palpebre leggermente chiuse. Le raffreddo, ne sciolgo il leggero trucco in un filo di bava nerastra. Poi le bacio, con una pressione lievissima. Come amo, questa lentezza. Non vorrei farti altro. Mi basta e mi riempie.

E' un po' che stiamo in acqua, ad imparare a nuotare. Verrà il momento in cui accadrà quello che hai atteso, che ho atteso, quando il mondo ci trascinerà in quella danza intorno al sole che pare chiamarsi Amore. Ricordi, la nostra canzone?
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Ed è così
che il mondo ci trascinerà
in questa danza
intorno al sole che chiamiamo amore
adesso abbracciami
il mondo ci sorprenderà
con i colori
e le stagioni calde
e i giorni mai uguali
i temporali
E la tristezza passerà
la tristezza lascerà posto
a un'improvvisa felicità.
*

E adesso abbracciami, fonditi con me, danza al sole, prima dell'arrivo del buio. Il sole, gigantesca palla rossa, si sta inabissando all'orizzonte. Fammi scorrere dentro di te, e tienimi lì, tutto il tempo che vorrai, tutto il tempo necessario per dissolvere le mie paure, e sentirci un'entità unica, io, te, e il mare che ci bagna e ci accarezza. Fammi godere dentro di te, contatto fulminante di onde elettriche che si muovono tra noi, a doppio verso, accendendo i sensi. Frenesia, piacere urgente, due corpi che raggiungono insieme un unico orgasmo, abbracciati e sommersi nell'acqua, le bocche unite in un unico bacio.

Domani saremo altrove, sperduti nuovamente. E non ci ritroveremo mai più, qui, così.
Eclissi