sabato 1 giugno 2013

Danzando nel blu


Lei gli si avvicina, immersa nel blu delle luci della cucina, dopo aver fatto l'amore, ancora madida di sudore. Lui è lì, davanti ai fornelli, la avverte ma non si gira, è pensieroso, forse vorrebbe che se ne vada, ha capito che si è spinta oltre, chissà ...
E' notte fonda, sono entrambi nudi, il riflesso della notte si immerge nella stanza, e colora la voglia che ancora non si è spenta, e pulsa, da una parte almeno.

Blu, tutt'attorno. Ovunque.

"Vuoi un po' d'acqua?", gli chiede, ruotando di poco il collo. Non comprende perché si è alzata.

"No". La risposta è decisa.

Lei gli si aggancia lieve, da dietro. Passa prima le mani sulle forti scapole, poi le fa scendere piano, mentre appoggia la fronte sulla nuca che bacia, e lascia scivolare i capelli corvini, impazienti, come trame di una rete a maglie fini dentro cui non ci sarà più scampo. E delicatamente respira, sospira, piena di voglia. Affamata, insoddisfatta, turbata dai pensieri di chi non la guarda, mentre dovrebbe girarsi e prenderla con forza. Di nuovo. Senza pensare a niente.

Le mani di lei scorrono ancora più giù, nel silenzio circostante. Il braccio destro ne avvinghia il torace e i polpastrelli vi disegnano cerchi di desiderio, prima di lasciarsi affondare, morbida, lungo quella schiena scolpita. Due pelli in una, e un contatto di sudori e di desiderio che danno vita ai movimenti di un ballo, passi di danza ancestrali, corpi che si toccano con prudenza, si respingono, per poi ristabilire un contatto sempre più intenso. Ad ondate. A flutti.

Fuori, in sintonia con quell'ondeggiare, luccica il blu del lago, che a riva si spegne dissetando la spiaggia. La natura vive di arsure e di inondazioni ... di eccessi e di privazioni.

I capezzoli di lei sono ormai turgidi, e il seno magnificamente tondo, due sfere sode, perfette. Si muove dietro di lui, sbatte e sfiora, colpisce e si inarca, rigandogli la pelle con quei due bottoni di carne tumidi, inquieti. Asciuga l'umido che le cola tra le gambe sui glutei sodi dell'amato, che sta massaggiando a colpi di ventre. Fa caldo, in quella stanza, ma è troppo tardi per aprire le finestre ... osserva compiaciuta il luccichio della pelle tra i seni che sbattono, mentre bollenti gocce di sudore ne imperlano i capelli, per finire, ruzzolanti, sulle spalle di lui.

'Vedi, che ti eccito ancora'.

Non c'è risposta. Non sa rispondere, e lei gli è sempre più vicina, più dentro. Lo sta violando, lo sta aprendo, lo sta amando. E' insaziabile. Perché fa così? Non riesce a staccarsi dalla sua razionalità, che malvagia non gli consente l'abbandono, e gli tempesta il cervello di domande senza risposta.

La mano sinistra scende dove lui in quel momento non avrebbe più immaginato, e il pugno gli avvolge, inaspettato, il membro sfinito dal precedente amplesso, scorrendovi sopra, piano, lentamente. Stretta a lui, due corpi riflessi nello specchio, di profilo, annegati nel blu di una notte di mezz'estate.

Lei danza ritmicamente, muove i fianchi, masturbandolo senza poterlo guardare in viso. Vuole sentirlo nelle sue mani, essergli da guida dovunque vorrà fidarsi di venire, bendato, cieco, ad occhi spalancati, gioiosi o impauriti, come gli andrà di viverla. Ma desidera fargli capire che il suo modo di essere è quello di andare sempre fino in fondo. Fino all'esplosione finale, cercata, e tra poco sarà nella sua mano, su quel pugno, e quindi sul palmo aperto, pieno di venuzze delicate che si inerpicano sul piccolissimo polso ... le Donne che amano non hanno paura di sporcarsi ... mai ...

'Tu sei mio' ...

Ho ancora in mente l'ultima sequenza di questo film, ma desidero riscriverlo con la mia fantasia.

Lui si gira, di scatto, dopo il gemito finale, e saranno ancora occhi negli occhi. Lei gli prende il viso tra le mani. Baciandolo, leccandolo, leccandosi. Leccate lunghe e golose ... per fargli sentire i sapori mischiati da quella sapiente fusione di voglie e piacere. Afinché li porti con sé, il più a lungo possibile.

Dopo lei se ne andrà, definitivamente. Seminando un libro tra le lenzuola quasi candide, in un letto senza più forma, odorante di sesso. Sa che lui troverà, prima o poi, una frase sulla prima pagina, scritta con l'amatissima stilografica Mont Blanc dall'inchiostro viola ...

"Ma ricordati, per piacere, che io sono tutto quello che hai bisogno che io sia. Tu vivi dentro di me. Ricordati: tutto, sempre".

E gli amori restano, da qualche parte, nel blu che abbiamo dentro. Nell'unico per sempre che ci è consentito.

Eclissi

giovedì 2 maggio 2013

La vestaglia



Mi piace la tua vestaglia con quel laccetto sottile legato a fiocco ... basterebbe soltanto tirarlo, lievemente, per lasciarti nuda, con la vestaglia ai piedi. Ma preferisco accarezzarti sopra quel tessuto così leggero, vellutato, velluto sulla tua pelle, velluto sul tuo petto, velluto sui capezzoli che vedo affiorare, sempre più appuntiti, pronti per la mia bocca. Appoggia il vassoio sul tavolino accanto alla scrivania, e vieni qui. Non ho voglia di scrivere quella relazione, la rimanderò a domattina. Siediti davanti a me, appoggiati alla scrivania di cristallo e lasciati guardare, sfiorare, leccare. Tira su la vestaglia, subito, ed offrimi i piedi, che curi come fossero un'arma di seduzione. Li inizierei a baciare piano, così puntati sui braccioli della sedia, per poi massaggiarne il dorso e la pianta, a palmi aperti, scorrendoli con le dita. Voglio risalire, sempre con le mani, lungo le tue gambe, infilandomi piano tra le cosce umide. Scopri bene il tuo sesso rugiadoso, so che non indossi mai intimo, di sera. Apri le gambe, e mostrami la spaccatura oscena del tuo sesso dilatato, depilato quanto basta per poter scorgere ogni linea sottile di quel tuo fiore madido di voglie. Lascia che io immerga tutto il mio viso nelle tue voglie, in quella fica bagnata che ora si sentirà penetrata da due dita, mentre la lingua torturerà affamata il clitoride, attendendolo gonfio ed eccitato. Le senti, le mie due dita, che si artigliano nel fondo di te, che spingono per arrivare più dentro possibile? E' una danza tra le pareti delle tue voglie, le muovo e sento il rumore del lago che stai diventando per me, lo sciabordio dei liquidi che scorrono sulle pareti del tuo sesso e si riversano fuori, agrodolci, in attesa della mia lingua.
Slaccia quei laccetti, subito, e fai uscire uno dei due seni. Masturbalo con le mani bagnate di saliva, ruotaci sopra con il palmo delle mani, prova a succhiare la pelle del seno. Baciati, leccati. Apri ancora i laccetti, mostra anche l'altro seno, sbattili per me, fammi sentire l'affanno del tuo respiro.
Non posso più rimanere seduto su questa scrivania. Mi alzo, sfilo la tuta. Lo senti il mio sesso, che fuoriesce dopo essersi impigliato nell'elastico? Svetta davanti a te, ma non lo potrai toccare. Lascio le tue gambe penzoloni, e ti tolgo la vestaglia. Completamente nuda, con la schiena riflessa sul cristallo, la luce della lampada che illumina il tuo corpo e ne disegna ombre sulle pareti. Ti penetro con un colpo secco, entrando senza alcun impedimento, senza alcun ritegno. Sei mia, mi hai provocato ed ora ti possiedo come mi pare e piace. Non mi curo del tuo gemito, e mi fermo nel punto più dentro che trovo, nel punto più lontano, dentro te, a cui so arrivare. Fermo così, ti guardo negli occhi, e ti dico che adoro quando fai la gatta-puttana e mi provochi. Ti bacio, mi mordi. Esco un po' e spingo forte, più che posso. Mi avvicino con le labbra, e mi mordi ancora. Vuoi il mio gemito per poi leccarlo, gustandolo sulla tua bocca. Esco e rientro dentro di te, con forza, spingendoti con una mano per farti ricadere  sul gelido vetro del tavolo. Getto le mani sui tuoi seni, e inizio ad impastarli, a strizzarne i capezzoli, a percorrere il canale tra di essi, scendendo lungo il ventre, fino a giocare all'impazzata col clitoride. L'arco che riesci a fare, tra nuca e spalle, non mi fa pensare ad altro che scoparti fino a venirti dentro. Ti cingo la schiena, e ad ogni colpo ti sollevo, per poi rilasciarti. Stremata, porti i piedi sul mio petto, e poi sulle spalle. Continuo a leccarti, a lasciare strisce di saliva sulle caviglie tese, e lo faccio mentre spingo, mentre affondo dentro di te, come un pazzo alla ricerca dell'estasi. Sento salire l'orgasmo, le pulsazioni del mio membro che batte, poi lo schizzo bollente che, più volte, riceverai, mentre urlerò l'impossibilità di trattenermi, e la voglia che ho di te.
Mi abbandono sulla poltrona, nudo, gocciante. Tu ti alzi, e attendi, con le labbra della fica aperte, che il mio sperma scivoli da dentro di te. Gocce sul vetro della mia scrivania, un rigagnolo chiaro della voglia che hai sentito palpitante.

Ne raccogli un po' e me lo porti alle labbra.
Pegno d'amore, forse?

A&E

domenica 24 marzo 2013

Notte al parco



Tutto iniziò da uno spunto, un insieme di pensieri che mi furono donati ... una ragazza sogna un incontro con il suo uomo, in un parco ... "perchè non costruisci un racconto su questi appunti?", mi venne detto ... Riporto qui la traccia iniziale, così come l'ho ricevuta ...

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L'immagine che più mi eccita oggi è il tavolo con le panchine in 1 parco a sant Ilario.. Dove c'è quell altalena rotonda..
Il tavolo è di fronte alla strada.. A 100 metri di distanza o forse 50..
Mi vedo li.. Sdraiata sul legno umido per la notte con seno e ventre esposti.. Le braccia sopra la testa e la gonna sollevata fin sotto l ombelico..
Se chiudo gli occhi sento il contatto del tavolo con la pelle fredda delle natiche aperte.. L aria che soffia sulle gambe aperte e sollevate All altezza del suo petto..

Ho 2 visuali in testa.. Dall alto.. Gli occhi che Si spostano dal seno che danza a ritmo dei suoi colpi nonostante lui mi tenga ferma con 1 morsa 1 fianco e attraverso le dita che Si chiudono attorno al collo.. Pressione che cresce mentre lo guardo e gli mostro il viso devastato..

E poi ci vedo come se fossi 1 macchina che ignara.. Nel passare.. Punta i fari su noi diluendo la notte e sollevando il buio che ci copriva..
E divento l uomo in macchina che rallenta per vedere meglio..
Sono quell uomo che deve nascondere l erezione e i pensieri sotto le ruote che vanno avanti.. Spostando i fari da quella coppia giusto in tempo per vedere il bagliore del seno..

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Leggendo queste note, mi è preso il desiderio di scrivere un racconto, anche per parlare di ragazzi, di periferie, di amori che manifestano vita anche nei posti più degradati.

Perché l'amore è semplicemente vita.

Buona lettura

Eclissi


NOTTE AL PARCO


Ho peccato, peccato, quanto piacere
nell'abbraccio caldo e ardente ho peccato
fra due braccia ho peccato
accese e forti di caldo rancore, ho peccato.
In quel luogo di buio silenzio appartato
nei suoi occhi colmi di segreti ho guardato,
nel palpito del petto furioso il mio cuore
tremava nei suoi occhi di desiderio in preghiera.

Forugh Farrokhzad

Ti sto attendendo, amore, dondolando sull'altalena, una delle tante che compongono questo esagono di divertimento. Ben sei altalene, tutte per me, in un parco senza custodi, senza cancelli, senza inutili barriere, al margine di una strada poco frequentata. Che triste, la periferia; vorrei vivere altrove, con te, ma per ora non posso andare via da questo posto grigio, i miei genitori non me lo permetterebbero, nonostante sia maggiorenne. Bello dondolarsi qui, con questo vestitino che respira d'estate, senza calze, senza reggiseno, indosso le scarpe nere col tacco alto che riservo per i nostri incontri, quelle che tanto ti eccitano, magnificamente adorne di un cinturino nero.

Ho la pelle lievemente abbronzata, ammorbidita dai massaggi fatti nel pomeriggio con olio di mandorle dolci, spinti anche tra le grandi labbra del mio sesso e i glutei sodi; è liscia, depilata, attendo solo di sentire le tue mani scorrervi sopra, ovunque, fino a quel centro da cui parte ogni mia perdita di controllo. Anche lì, e sarà una sorpresa, non troverai più la piccola striscia su cui respiravi tracce evanescenti del mio piacere, sarò doppiamente labbra nude, aperte alle tue voglie. Sono giorni che non ti vedo, giorni in cui mi pulsa tra le gambe il desiderio di sentirti dentro, rotta, sfondata, presa fino al cervello. Non ti ho detto nulla del limite di privazione a cui mi hai portata, lasciandomi troppo a lungo senza la tua pelle, senza la tua carne. Sì, sono un po' bugiarda, forse è perché temo di perderti, quando mi mostro troppo vulnerabile. Ti ho scritto solo dove incontrarci e queste poche parole: "prendimi". Avrei voluto aggiungere anche: "conducimi dove sai, dove saprò seguirti". Non l'ho fatto, ma sai bene che ti seguirò in tutte quelle follie che ti rendono sempre diverso, così imprevedibile, novità che rompe la monotonia di questi miei anni in attesa di trovare una strada, un sentiero di luminosa crescita nell'immobilità che mi circonda.

Non c'è nessuno, stanotte, qui, neppure i soliti drogati che, fermandosi ai bordi della strada, si adagiano sulle panchine di legno per iniettarsi la loro dose giornaliera di veleno. Che schifo mi fanno, che tristezza vedere la gioventù bruciarsi in questo modo. Con che coraggio vengono proprio qui, dove di giorno scorrazzano bimbi sorridenti, mamme pensierose e nonni premurosi? Non capisco quali vuoti interiori e quali mancanze possano trascinare in questi meandri di degrado un essere nato puro, fino a perderlo, condannandolo a smarrire se stesso, ad uccidersi giorno dopo giorno. No, io amo la vita, amo il sesso, amo condividere sensazioni, emozioni, parole. Amo vivere. Vivo d'amore. Vivo per te.

Dondolo, da sola, in penombra, i lampioni sono dall'altro lato del giardino, e stagliano tutt'attorno una luce giallognola, nel cui pulviscolo danzano alcune spaesate lucciole. No, non sono sola, c'è un frinire lieve e costante di cicale, e gli animali della sera mi staranno osservando, chissà cosa pensano di me. Si fanno mai domande, gli animali? E che risposte riescono a darsi? Adoro la luna piena, e quei pipistrelli che volteggiano zigzagando sulla mia testa, e poi si sovrappongono al pallore dell'adorato satellite butterato. Che meraviglia, quest'arietta tiepida che accarezza il mio viso e sfiora la mia provocante scollatura, mentre spingo in alto l'altalena, fino a sentire le corde che si tendono, giunta al massimo dell'elevazione. E poi adoro l'attimo in cui inizia la discesa, quel cadere giù, giù, senza fiato, un vuoto, un colpo al cuore. Amo librarmi senza rete sotto, amo osare, amo spingere i miei confini più in là. Spingermi oltre, con te. Sei adulto, e sei stato amato da molte Donne. Io sono la più piccola, la più inesperta (credilo pure), l'ultima tua conquista. Bramo saperti mia guida, sentiero sicuro e protetto, adoro potermi affidare alle tue mani, senza conoscere fino a che punto vorrai spingermi, senza immaginare la devastazione che il mio essere raggiungerà, lasciandomi condurre senza inibizioni e vergogna. E' quello che mi hai chiesto, è quello che farò.

Eccoti, non ne potevo più. Mentre dondolavo, continuavo ad accavallare le gambe, e al solo pensiero del tuo arrivo sentivo le labbra aprirsi, dilatarsi, inumidirsi di quelle piccole lacrime di voglia che conosco assai bene, preludio allo smarrimento dei sensi, farfalle nello stomaco e annebbiamento dei pensieri. Accavallare le gambe, in volo, e percepire il piacere che deriva dal contrarre, pulsando, i muscoli pelvici. Bagnata per te, non appena ti penso: è la mia condanna.

Posteggi lungo il marciapiede che affianca la strada, mi sorridi e ti avvicini. Sei bellissimo, jeans a vita bassa, camicia blu con alcuni bottoni aperti, la patta ricolma di voglie. Al mio messaggio hai risposto come fai di solito, affermando che ti saresti masturbato per calmare la voglia di prendermi. Lo fai sempre, ti svuoti senza ritegno, e così facendo ti calmi, liberi la rabbia di esplodermi dentro, restando in silenziosa attesa di un nuovo incontro, che però deciderai tu. Oggi, per eccitarmi a morte, mi hai persino spedito l'immagine del palmo della mano ricolmo dei tuoi zampilli trasparenti, con una lettera disegnata al centro, la mia iniziale, biancheggiante. Ho perso le staffe, ho smarrito il controllo di me, amore e odio scatenati in parti uguali; non potevo far nulla, non potevo averti accanto in quel preciso istante! Che rabbia, ma stanotte sarò vendetta. Non immaginavo quanto fosse intensa la mia voglia di leccarti fino all'ultima traccia vischiosa, di inghiottirti un fiotto alla volta, di vederti spalmato tra i miei seni bianchi, di sentire quei rigagnoli bollenti gocciare dai miei capelli fini e setosi fino al volto, arrossato di piacere.

Sei sempre di poche parole, quando stai con me. Ma neppure io avrei molta voglia di parlarti, stanotte, ho voglia di fare, di farti mio. Scendo dall'altalena, e ti corro incontro, abbracciandoti. Il mio seno sul tuo petto, le braccia al collo, mi trattieni, mi sollevi, mi afferri per le natiche e mi posizioni sui tuoi fianchi per poi calarmi di colpo giù, per farmi toccare la collina di piacere disegnata dal tuo membro tumido, per farmi sbattere in modo secco sulla voglia bastarda che hai di me. I tuoi occhi brillano, affilati, affamati. So di non avere scampo, quando fai così, quando ti incunei dentro di me, affilato coltello nel burro docile delle mie emozioni in fibrillazione, e ti accucci sulle rive della palude nera che a breve espellerà tutta la mia voglia di peccare. Sono troppo giovane, lo vedi. Spiegami cosa vuol dire "peccare", peccare a piene mani. Lo farò.

Portami in auto, sçopami lì, con la schiena sul volante, inarcata per evitare che tutto il circondario senta il suono del clacson. Sçopami lì, con le tue mani sui miei seni sodi, e quei capezzoli rosa, eccitati e dolenti, che ami mordere e strappare. Sçopami subito, voglio sentire il tuo çazzo impennato, ricurvo dentro di me, così duro che ogni movimento mi farà percepire, come lamette infilate nel cervello, tutte le tue vene, ingrossate, pulsanti, che sfregano le strette pareti della mia intimità. Saperti dentro di me, completamente, fino in fondo, mentre ti possiedo, avvolgerti, sentirti MIO; farti capire che non puoi andare altrove, prenderti altre, scappare da me.

Tenendomi sollevata, mi porti vicino al tavolo di legno contornato da panchine, dista solo una ventina di metri dalla strada, dal luogo in cui hai posteggiato. E' un angolo di chiacchiere, di pic-nic, frequentato da bambini che fanno i compiti estivi, e da mamme che sfogliano settimanali pieni di costosi capi d'abbigliamento, sognando incontri eleganti e amori segreti, amanti bellissimi e scopamici intriganti, per stingere dolori e malinconie della vita in un istante di godimento. Mi sbatti sul tavolo, incurante del mio urlo, con le gambe penzoloni, il sedere appoggiato al bordo di legno. Non oso dirti che qui non possiamo, che qui siamo vicini ad una strada, e ci sono delle case laggiù; forse potrebbe passare qualche automobilista, o una pattuglia in servizio di vigilanza. Me ne starò zitta, tanto non mi interessa il mondo circostante, adesso.

Avverto le gocce di umidità che imperlano il tavolo umido, penetrano la stoffa del vestito e lasciano brividi sulla pelle nuda delle cosce. Incolli il tuo membro a me, mentre avvinghio le gambe da adolescente ai tuoi fianchi massicci. Ti afferro saldamente il collo, blocco la nuca, ti spingo verso il mio viso truccato come quello di una modella, con le labbra rossissime. Infilo la lingua dentro la tua bocca, senza esitazioni, e inizio a baciarti con rabbia. In un gioco perverso di leccate, di lingue dardeggianti fuori e dentro di noi, ci sçopiamo tra i denti, sul palato, in una danza del piacere che non ha eguali. Sai avvolgermi con i tuoi baci intensi, mi contieni per poi spingermi ad aprirmi sempre di più. Le regole le detti tu, lo so, io devo solo aspettare.

Quanto amo leccarti come una gatta, con la punta della lingua tesa ad arco, saettarti dovunque. Disegno il contorno delle tue labbra anche nei lati più sensibili, ti succhio il mento, percorro le vene del tuo collo tirato, scendo fino al petto, approfittando dei bottoni slacciati. Lecco, sai di sesso, sai di buono. Poi, tornando sul tuo volto, mi spingo oltre, a lingua aperta, e passo avidamente sui contorni del viso, succhio le gote, ingoio le dita con cui mi sposti i capelli, vi passo lieve negli interstizi, una dopo l'altra. Dammi il palmo delle tue mani, e guardami come ci scivolo sopra, come lo imbevo di saliva, come seguo ogni linea della tua mano. Sono maga e cartomante, una fattucchiera perversa che sa interpretare le voglie reciproche.
Mentre lecco, ti sbottono la camicia che non vedevi l'ora di togliere, e ti apro la cerniera dei jeans, non prima di aver accarezzato a coppa quella collina, disegnando nuovamente i contorni del tuo sesso. Non indossi mutande, e il tuo çazzo esce fuori con un guizzo. Grosso, nodoso. Lo avvolgo con entrambe le mani dopo averle umettate di saliva, e inizio a masturbarti lentamente. Modellare il tuo fungo violaceo tra le mie mani, e poi staccarle all'improvviso, e ruotarci sopra, un palmo alla volta. Resisterai? Quanto? Ti sento vibrare, e il membro tendersi, gonfiarsi all'inverosimile, allungarsi per l'eccitazione raggiungendo misure considerevoli. Sangue che pulsa, sangue pompato dal tuo cuore; cuore che sento, che rintocca all'impazzata, che vuole abbracciare il mio e battere all'unisono.
Infili le mani sotto il vestitino, e mi sfili le mutandine. Ti aiuto sollevando una gamba, e così il perizoma scende dall'altra, restando appeso alla caviglia, incastrato nel collare dei tacchi. Mi spingi giù con la schiena, a contatto con il legno umido, ancora quella sensazione di bagnato, sulla pelle, attraverso il vestitino di seta. Tengo le braccia sopra la testa, mentre mi sollevi la gonna fin sotto l'ombelico. Fai tutto tu. Chiudo gli occhi, e godo del contatto del mio corpo caldo col tavolo viscido. Avverto la tiepida brezza della notte soffiarmi sulle gambe aperte, la sento accarezzarmi le natiche dilatate, impossibilitata anche lei ad asciugare il lago che mi cola, copioso, lungo le cosce. Non bastandoti questa oscena posizione, appoggi le mie caviglie sulle tue spalle robuste, e inizi a leccare il tatuaggio del fiore che si inerpica dal piedino lungo la gamba. Lo sai, vero, che questo fiore va annaffiato continuamente, e non posso essere io a farlo?

Hai le mani libere, adesso. Ti protendi in avanti coprendomi, mentre ti accarezzo fianchi e schiena, graffiando piano con le unghie smaltate di rosso vivo; dopo avermi lasciato addosso un filo caldo di bava, steso dall'ombelico al collo, fai scivolare giù le spalline dell'abito, scoprendo i seni con uno strappo liberatorio. Ancora i palmi delle tue mani a sfiorare con sicurezza le punte dei capezzoli, per sentirli tendere come chiodi di carne viva. Li pizzichi, li schiaffeggi, li tiri a te e li lasci tornare com'erano, dolore e piacere mescolati assieme, anticamera di un nuovo orgasmo.
Mi prendi per il collo, senza sforzare, chiudendo attorno le dita. Con un colpo secco infili il tuo membro marmoreo tra le mie grandi labbra grondanti di voglie. Che sensazione strana, passare da quel vuoto pneumatico al riempimento totale, chiusa e finalmente colma. Di te, del tuo amore, del tuo modo unico di possedermi.
Resti fermo per secondi interminabili, mentre mi adatto alle tue dimensioni, e ti inzuppo fino alla base, e ti sento tremare, in un fondo che non so più dove sia. Dove ha il fondo, una Donna? E che fondi può toccare, una Donna, quando ama? Poi inizi a sçoparmi, a pompare, ma facendo piano, con attenzione, scendendomi dentro lentamente e uscendo fuori del tutto, talvolta progredendo con un colpo secco, fatale, che sembra finire direttamente al cervello. I miei occhi ammirano il seno che danza al ritmo dei colpi inferti, nonostante vi siano le tue mani che mi bloccano, e si spostino talvolta sulle spalle, quando ritieni di poter imprimere maggior forza. Sbatti, sbatto, il respiro diventa sibilo, ansito. Ho paura di guardarti, di vedere lame taglienti di perversione al posto dei soliti occhi da cerbiatto impaurito. Ma sei bastardo, stanotte, mi sussurri "guardami!", poi silenzio. Tanto lo so, non appena metterò da parte la timidezza, riuscirai ad afferrarmi le pupille spaurite e le porterai nelle tue. Occhi negli occhi. Fragile, persa dentro di te. Ora, sì, puoi davvero capire quanto ti desideri, quanto sia coinvolta da te. Cos'è questa cosa, forse l'amore che ho letto nei tanti libri divorati da ragazzina? E il possesso, quello che a volte ci avvicina con rabbia e violenza controllata e condivisa, passa sempre per il sesso? Maledetti occhi, maledetto il tuo sguardo. Riesci bene ad affondare dentro, sottopelle, ad andare oltre il mio viso stravolto, sudato, col rimmel che si sta sciogliendo, e il rossetto ormai sbavato.
Sei un uomo vigoroso, potente, con quel çazzo che spinge rabbioso, e ogni colpo è una frustata di piacere, che dilata e squarcia. Sai bene cosa prendere da una ragazza inesperta come me, e in che misura, e fino a quali limiti.

Sto quasi per raggiungere il primo, delirante orgasmo, quando mi privi della doverosa conclusione uscendo di colpo dal mio corpo ansimante, ed entrando, senza preavviso e con la lubrificazione rimasta sul tuo pene, nell'altro buco. Buco per questa sera vergine. Non puoi farmi questo, sei una carogna. Inarco tutto il corpo, facendo leva sui gomiti, e inizio a sfiorare rabbiosamente il clitoride, alla disperata ricerca di sfinirmi, e finirmi, ed esplodere. Posso godere anche senza di te, non lo sapevi? Te lo dimostrerò ...

Con la testa abbandonata di lato, e gli occhi persi nel buio circostante, scorgo i fari di una vettura che si sta avvicinando. Oddio, chi starà mai arrivando? Chi vedrà il mio corpo disteso su questo tavolo, e il corpo dell'uomo che amo, nudo, di schiena, che mi sta sventrando da dietro? Brividi addosso ... la vettura rallenta, ci sono un uomo e una donna a bordo, forse una famiglia del posto. I miei occhi s'incrociano per un istante con quelli dell'autista, noto che l'utilitaria ha un sussulto, rallenta e poi riprende. Potrebbero essere i miei genitori, in visita a parenti, loro che pensano io sia a casa dell'amica più cara. Potrebbe essere una delle tante coppie adulte e decotte, il cui amore è ormai diventato affetto, consuetudine, routine; gente che, da giovane, più o meno alla mia età, faceva l'amore dove capitava, posteggiando lungo gli argini dei fiumi, nei boschi, nelle zone industriali, nei parcheggi senza telecamere, privi di controlli notturni. Coppie per le quali, ormai, il sesso è un lontano ricordo, e la passione si è afflosciata, e le voglie non accendono più le notti. E neppure i giorni. Vorrei non invecchiare mai, in questo modo.
La luce dei fari sfiora il mio seno, che continua a sbattere, e inquadra i miei fianchi sinuosi, che rispondono come possono ai colpi incessanti di chi mi sta possedendo. Penso a quell'uomo, l'autista che mi ha scorto nella luce fioca di questo parco, il cui sguardo si è prima deposto e poi sfilato dal mio corpo vibrante, e che, magari per un breve istante, avrà percepito un'erezione, un desiderio, una voglia di sesso, qualcosa che da tempo gli mancava. Chissà, forse l'immagine di me, su quel tavolo, con la testa piegata nel delirio, non lo abbandonerà mai più.

E' una collezione di istanti, la vita. Mentre quei fari si allontanano, sono attraversata da un brivido devastante, tutto cerebrale, colpita dal pensiero di poter essere stata notata da uno sconosciuto eccitato, e vengo, vengo con le mie mani, con il tuo giocattolo di piacere impiantato dentro di me, con le tue dita artigliate sui miei fianchi, virile e animale come ti desideravo. Urlo più forte. La luna sorride, i pipistrelli continuano a volteggiare, mentre gli animali del parco si saranno fermati, incuriositi da questo desueto gorgheggio d'amore. Voglio vivere, voglio amare. Anche così. Anche qui.

E' indescrivibile spegnere l'orgasmo nel tuo sguardo delirante, fermo immobile dentro di me, per godere appieno di tutte le scosse che mi stanno squartando il ventre. La prossima volta toccherà a te arrivare al culmine del piacere, spero condiviso. Stanotte ho portato a termine la piccola vendetta che avevo in mente, una ribellione che presto troverai modo di punire.

Mi alzo, ti abbraccio forte, ti bacio, sfiorando semplicemente le tue labbra secche, che sanno ormai anche di me. Sono felice. Anche qua, in questo posto di periferia, in un parco fatiscente dove la vita sembra condannare l'amore, colorato dalla voglia di noi, più vicini al paradiso di quanto non siamo capaci di immaginare.

venerdì 8 febbraio 2013

La collana di perle



Non era certo programmato, questo appuntamento, dopo giorni di scrittura. Complice il lavoro, tra poco ci saremmo incontrati per un sorriso scambiato dal vivo ... qualche ora tutta per noi, da dedicarci reciprocamente, senza obblighi né formalità, lasciando fluire le nostre parole, mano nella mano, riversi l'uno negli occhi dell'altra. Per settimane, la scrittura era riuscita ad illuminare i nostri due percorsi di vita, simili per certi versi, e il dialogo virtuale era fluito come se ci conoscessimo da tempo. Perché scrivere, ancora, di quello che saremmo potuti essere e non siamo ... oggi siamo qua, io e te, carne, corpo, pensieri, a metà strada in quella caffetteria sul lago che mi avevi indicato, a metà strada tra i battiti dei nostri due cuori. Anche il tempo è dolce, una giornata soleggiata e tiepida, in un inizio febbraio a tonalità pastello che odora di anticipo di primavera.

Siamo arrivati entrambi in orario, le auto parcheggiate l'una accanto all'altra, tutto come convenuto nel messaggio che avevo stampato e diligentemente custodito nella tasca del cappotto. Emozione, inaspettati brividi. Sorpresi di noi stessi, lo vedo dai tuoi occhi, mentre ti avvicini e mi sorridi - "finalmente, adesso sì che quel tuo sorriso prende forma!". Un bacio sulle guance, poi ci avviamo a braccetto nel locale, entriamo e ci accomodiamo, due anime e due caffè al cospetto del lago che, argenteo, smotta raggi di sole riflessi sulla sua pacifica superficie. Il paesaggio circostante è pura magia. Parliamo un poco di tutto, forse di niente perché raccontarsi sarebbe impossibile in una manciata di minuti, tutta una vita dentro non ci sta. Ad un tratto, il tuo sguardo si intorbidisce e la voce articola, tagliente, senza cedimenti, una proposta che non attendevo ma a cui non avrei potuto dire di no: "non molto distante ... c'è una casa persa nel vento ... accompagnami", sussurri, accarezzando la collana di perle che porti attorcigliata al collo. Rabbrividisco perché ripenso fulmineamente ad un'immagine, una sorta di reciproco pensiero erotico che ci eravamo regalati, all'inizio della nostra conoscenza virtuale ... Non ho tempo per ragionare troppo, oggi ... mi prendi per mano, mi rapisci con un sorriso e in pochi minuti ci ritroviamo in un luogo silenzioso, dentro cui bisbiglia solo un impertinente alito di vento. "Aspettami ... salgo per prima a sistemare ...", i tuoi occhi continuano a brillare di una malìa inaspettata, scintillano. Avresti aperto le imposte chiuse da Capodanno, ultimo giorno in cui hai festeggiato il Nuovo Anno con la tua famiglia, e avrei dovuto attendere un tuo squillo passeggiando sulla riva del lago circostante; lasciato lì, un impressionante silenzio attorno, il cuore in gola, e pensieri in ebollizione ... "Ma dico ... dico ... come ti è venuto in mente di farti accogliere, qui, in un posto sconosciuto, così vicino alla sua casa al lago?", penso. 


Mi ero quasi dimenticato di quella notte, pregna dei nostri deliri virtuali, quando avevi accarezzato la mia immaginazione dicendomi che ti sarebbe piaciuto aspettarmi in un luogo lontano dal tempo e dal roboante scorrere della vita; là, dove avevi già in mente, ti avrei trovata quasi nuda, coperta solo da un lungo filo di perle bianche, in totale contrasto con le decolleté nere che non ti saresti tolta, il bianco della pelle dei tuoi piedini che si infila in quella, più scura, delle scarpe dal tacco smisurato. Avrei trovato quei fili di perle attorcigliati al tuo collo, a impreziosire il tuo seno importante, sodo come nelle immagini con cui acuivi la mia voglia di te. Il tuo gioco, ora lo ricordo nitidamente ... avrei potuto staccare quella collana, e girovagare ovunque sulla tua pelle lattea, scorrendo sull'autostrada del tuo ventre, lungo la schiena piena di avvallamenti, arrovellando le perle lungo le tue gambe tornite, fino alle cosce morbide, e poi e poi ... dove mi avrebbe portato, quel gioco? Dappertutto, mi scrivevi, aggiungendo tante faccine sorridenti ...
Quella notte, nell'unica chat in cui, di fatto, mi avevi consegnato il sogno di incontrarmi, mi avevi letto una tua pagina di appunti, scritti in ufficio accarezzando la collana di perle che tenevi al collo ...

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Un filo di perle è anche naturalezza e spontaneità, qualcosa di semplice ma prezioso nel suo aspetto così regale. Non ha bisogno di altro, è completo e perfetto da sé ... Scivola così bene sulla pelle, sia del petto che della schiena, ondeggiando inseguendo linee; sui glutei tondi, s'impiglia dolcemente, fra di essi sospende di rotolare e s'adagia catturato da quell'insenatura.
Attorno alla vita, sui fianchi come fosse cintura, un filo di perle sottolinea la femminile natura, prospera di madre ed amante ... morbida come il filo sorretto dalle anche, così sospeso e ciondolante da un lato cinge il ventre caldo e odoroso di sesso.
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Ecco lo squillo, raggiungo il cancello e lo spalanco col cuore in gola. La porta è socchiusa, e così quella d'ingresso. "Sali le scale, ti sto aspettando", sento la tua voce gioiosa, e quando ti ritrovo, in quella camera dai mobili chiari, luce nella luce, mi rivolgi uno sguardo bruciante e mi inviti con fermezza a spogliarmi, a coricarmi sotto quelle lenzuola bianche, senza paura. Accanto a te. Nudi entrambi. Non una parola in più. Basta parole.
La camera ha gli scuri di legno spalancati, fuori il lago è agitato dal vento, il sole balugina tra le tende, solleva pulviscoli di polvere, e mi consente di osservarti, nei chiaroscuri provocati da quei pochi mobili, fragranze di legno antico. Hai quella frangia sbarazzina che ricade sui tuoi occhi ed un sorriso invitante, completamente diverso da quello con cui mi hai accolta, solo poche ore fa. Osservo le tue mani, ricordo quanto ti piaccia disegnare a matita e una sera eri persino rimasta sveglia fino a notte fonda per completare un istante di ispirazione. Sul tavolino accanto alla pesante porta d'ingresso c'è un disegno, credo sia per me, ecco, ora riesco a collegare tutto: un corpo di donna, ritratto di schiena, su cui penzola un lungo filo di perle bianche. Le stesse che indossi adesso, sul tuo corpo nudo. Le stesse che dovrò ricordare, nei miei "per sempre", osservandoti nel bianco e nero che hai composto su quel foglio di carta destinato a me, appuntandovi un luogo, una data, una lettera, E.

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Bianco e nero, come la china indelebile ed il foglio imbrattato; i tasti di un pianoforte (lo adoro); un abito e la pelle bianca (come anche il contrario); decolleté ed il piede avvolto; occhiali e i bianchi denti di un sorriso; un filo di perle ed un collo affusolato ...
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Mi inviti ad abbracciarti, dopo aver ammirato il mio corpo nudo, la pelle delicata e sottile dei glutei, il petto non eccessivamente scolpito, questo mio corpo così adolescenziale, pur in presenza di un'età adulta. Ti bacio come so fare, con un lieve sfioramento di labbra; dischiudi le tue, e sento naturale leccarti come un bambino che per la prima volta riconosce il nettare della sua sopravvivenza, la medicina per guarire il suo tormento interiore. Leccare delle labbra, prendersi quel lieve filo di saliva da cui sono avvolte, senza foga, ma non senza pathos ... labbra nelle labbra, succhiando quella morbida pelle sottile, con la lingua palpando il piacere di quel contatto sconosciuto fino a poco tempo fa, ora piacevole scoperta. Un morbido conoscersi e ri-conoscersi in attesa di sfogare il delirio. Capisco solo adesso cosa intendevi quando, parlandomi di labbra, mi invitavi a soffermarmi sulle sensazioni che ogni affondo porta di volta in volta, assaporando quel contatto assieme a lente carezze tra i capelli sciolti e le spalle, giù fino a toccare ogni centimetro di pelle calda. Occupato in quei baci ne riesco a percepire tutto il calore e la morbidezza offerta, in contrasto con le perle dure della collana, che sbattono suoi tuoi capezzoli eccitati, aghi turgidi che s'ergono verso l'esterno lasciandosi mordere dalle mie dita. Sento che sta sparendo il tempo, attorno a noi. Oggi sono così, non voglio saperne del tempo. Il tempo dell'amore scorre diversamente, ferma gli orologi, incastra i meccanismi, trasforma i battiti, sceglie prioritariamente i rintocchi del cuore. Il nostro tempo è quello dei pazzi, che non sanno dove stanno ma sanno che il centro è in loro, e sono presenti alle sensazioni del loro esistere. Bambini stupidi, per sempre.

Ti allontani ora dalla mia bocca, ti sollevi in un fruscìo di lenzuola e raccogli i morbidi capelli serici, lunghi fino a mezza schiena, confusi tra i seni e le perle della collana che fino a poco fa sentivano le mie mani palpare la sfericità di due superfici distinte, senza vederle. Il tuo seno segue le pulsazioni del respiro, lievemente ansimante, chissà cosa circolerà nei tuoi pensieri, immersa in me. Afferri delicatamente quel lungo filo di perle, attorcigliandone parte sul mio polso, e ti giri di schiena, ancora una volta raccogliendo i capelli, liberando la nuca, perché sai che la adoro, scoperta, fragile. Stacco la chiusura della collana ... Partirò da lì, per una lenta discesa necessaria a conoscere il tuo corpo, a familiarizzare con la tua pelle, a carpire tutte le vibrazioni che guizzeranno come fulmini dai tuoi pensieri. Muovo quei fili di perle come un serpente che scivola lungo la tua colonna vertebrale, una vertebra alla volta, sbandando sulle scapole, scivolando nel baratro dei tuoi fianchi morbidi, risalendo sui glutei sodi, e da lì, tra l'anello dell'ano e il centro della tua femminilità. Divarichi le cosce quanto più possibile, e sollevi le gambe, per ricevere i miei baci, per riprendere contatto con le mie labbra. Ti lecco dal piede alla caviglia, attorno alla pelle della scarpa che accoglie le tue dita, e continuo a passare tutte le perle, una dopo l'altra, dove vedo la trasparente umidità della tua spaccatura, umidità con cui disegni aloni sul lenzuolo, non potendone ormai più. Mentre ti giri, lentissima, prendi un capo della collana e trascini qualche perla tra le grandi labbra, assieme alle tue dita che lasciano correre le perle quasi fossero gocce di rugiada nate dal tuo sesso. Mi inviti, con voce rotta dai sospiri, a toccarti lasciando che le mie dita riprendano il filo e scivolino come le perle tra le pieghe del tuo sesso umido e gonfio, bagnato di umori, rigoglioso di voglie.

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Un filo di perle ... sinuoso si muove ed accompagna quell'intercalare dei passi, leggeri o sostenuti eppur così sempre femminili e delicati nel loro lasciar ondeggiare quasi le perle tornassero nel loro ambiente naturale ... tra le onde, la schiuma del mare o le correnti dei fiumi.
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"Sfilale piano, lentamente, senza fretta", mormori con un respiro flautato, mentre avvicini le dita alla mia bocca; accolgo le tue dita bagnate e vischiose, le succhio, ne assaggio il tuo godere impigliato sulla pelle. Una perla alla volta, riconsegnata tra le mie dita, bianca pallida e madida di te. Sarà così che scatenerò il tuo primo, devastante orgasmo.

Toccherà a me, adesso, siamo qui per noi ... ancora le perle, il tuo sapore sul mio viso, sul mio collo, attorno ai capezzoli, lungo il ventre, attorcigliate e strette sul mio membro turgido ed in attesa. Fino a quando, sì, un fiotto di perle di me, del mio piacere vorrei si riversasse sulla collana, sulla tua lingua avida, mentre manterrai i tuoi occhi conficcati nei miei. Stringendomi addosso quelle perle, prendi con la mano il mio sesso duro e cominci a masturbarmi facendo rotolare anche le perle lungo l'asta ... vorrei scivolare su di te ma mi piace questo prenderti cura del mio piacere acceso ed intenso. Brividi inaspettati, di nuovo; cingi tra le labbra la cappella liscia e completamente esposta, la palpi con la tua lingua avida, circoscrivendo cerchi serrati sulla pelle tesa, la lecchi ponendo la punta guizzante tra le spirali disegnate dalla collana di perle che ricoprono, in parte, l'asta eretta; catturi pulsazioni incontrollate lasciandole vibrare in bocca; affondi nel contempo srotolando, lasciando sfilare le perle disposte a filo ... invischiate di saliva ed eccitazione.

Poi, d'improvviso, mentre ti accarezzo delicatamente i lunghi capelli, senza alcuna pressione per invogliarti a spingerti oltre, nella serenità e nel silenzio di quella camera, sfili piano, lentamente, la tua bocca dal mio membro. Inizi a imperlarlo di piccoli baci, ricchi di passione, stringendolo a mani giunte. E non trascuri le mie mani, che lecchi con la punta della lingua passando sul palmo e poi un dito alla volta, tra le dita, attorno ai miei polsi. Ti giri di schiena e mi sussurri di abbracciarti, sospiri che vuoi sentire il calore delle mie voglie deliranti spegnersi, incollato a te, incollata a me. Che pioggia sensuale, i tuoi capelli che ricadono sul mio corpo. Stringerti, avvolti così.

E' questa, l'ultima immagine di noi. Abbracciati, i corpi vicini e delicatamente appoggiati, il mio membro che si fa sentire, pulsa ma non ha il permesso di andare oltre, e non lo vuole, perché è il tuo benessere che vale questo istante di felicità. Tienimi anche così, oggi, accanto a te, a giocare con ghirigori di perle sulle spalle, la collana che stuzzica i capezzoli turgidi, e penzola sui seni morbidamente distesi da un lato, le tue gambe incastonate tra le mie. Adesso sì, puoi finalmente chiudere gli occhi, per addormentarti, spegnendoti in un sorriso.

Resteremo ancora qui, a giocare, in attesa di noi ... perché il tempo, oggi, non esiste ...

A&E

(una scrittura a quattro mani, pennellate di un diario di viaggio)

domenica 9 dicembre 2012

Dopo la neve





Appunti erotici mentre il treno corre …

 *
 
Si scioglierà la neve
E rinascerai così
Ad occhi aperti il buio si attraverserà
Torna a parlarmi dolcemente
Stringo aria, stringo niente
Senza di te

[Anna Oxa, Dopo la neve]

http://youtu.be/y5MCH9Mci6M


(8 dicembre, viaggiando)

Giornata freddissima, quella odierna. Ho registrato, sul viso e sul mio telefonino, i segni e le voci di un vento fortissimo, impetuoso, impertinente. Ne posso così riascoltare la forza, interpretare parole trasformate in alito e soffio, in quel grigio suo turbinare. E poi ho incontrato la neve, tanta ... fiocchi soffici ma gelidi, punture di ghiaccio, purezza che, toccando terra, si sporca e si macchia, come tutti noi, vivendo. Il treno corre e, talvolta, sembra quasi un rompighiaccio, con il suo ondeggiare tra fili elettrici da cui raspa via neve gelata. Fuori dal finestrino, il mio sguardo assente compone un puzzle di panorami e luoghi noti, mettendo assieme luci giallastre e lingue bianche che la sera trasformerà in temibili lame di ghiaccio.

Osservo la copertina di un giornale, e mi sembra di vederti. Ripenso a quei tuoi capelli, ricci e da sgrovigliare, foresta nera corvina che mi ha travolto in più di un'occasione e che si impossessa dei miei sguardi quando vagano, tra gente sconosciuta, per riconoscere chi vorrei mi fosse accanto.
Immagino i tuoi occhi ricolmi di un verde intenso, e quel sorriso, impreziosito da labbra rossissime, un po' ingenuo e un po' malizioso, con cui mi hai fatto capire di volermi. Basta poco, lo sai, e le mie fantasie, di cui sei improbabile ma unica e discreta protagonista, si scatenano all'improvviso, maledettamente perverse. Ti penso e la scrittura sembra sfuggirmi di mano, diventa necessaria, urgente, un'esigenza simile a respirare, comparabile a quelle voglie intense che ti colgono improvvise, costringendoti a masturbarti fino al completo svuotamento. Le parole, che inizio a scrivere su un foglio di carta, partono sempre dalla donna impeccabile che appari ogni giorno, quando sei madre attenta e donna senza ombre, e finiscono all'altro capo di te, quello che hai scoperto un po' tardi, quello che ti spinge ad essere affamata e troia, senza inibizioni. Ed è accanto a questa femmina compiuta che la mia scrittura erotica trova rifugio, comprensione, accoglienza, pazienza di ascolto. Trova soprattutto risposte, perché giochiamo ad intessere fantasie vicendevoli, l'uno punge e l'altra reagisce, in un vortice a spirale, che si fa stimolazione incessante, trasfusione di parole che aiutano a sopravvivere, a riempire i vuoti che non possiamo colmare assieme ...

Nevica, in questo chalet di montagna, sperduto, volutamente irraggiungibile. Le nostre automobili sono ricoperte di neve, e tutt'attorno c'è il silenzio tipico delle montagne, quel suono leggero e smorzato di lievi fiocchi che si depositano delicati, stratificandosi poco per volta.
Esco in terrazza, e raccolgo un pugno di neve.
Lo porto qui, accanto al tuo corpo nudo, beatamente rilassato in attesa del banchetto, dell'ingordo nutrirci attraverso il filo erotico delle reciproche voglie.

Vampiri di desiderio, io e te.

Pensa a quale delirio provocherebbe una manciata di questa neve adagiata sulla tua fessura bollente ... si scioglierebbe, la scioglieresti, urleresti per il freddo pungente man mano che i granelli andrebbero a depositarsi sulle carni bollenti e poi domeresti quella sensazione dolorosa restituendoti liquida, acqua intrisa di voglie, colata lavica di distillato, trasparente, salato piacere.
E vorrei spargerne altra, di neve, proprio lì, sul tuo ventre accogliente, nel pozzo oscuro dell'ombelico già intriso dai sudori del nostro primo delirio. Impossibile calmarci, quando riusciamo a mettere insieme poche ore tutte per noi. Io e te ci siamo necessari e bastevoli, indispensabili per placare l'attesa, la distanza, l'ansia, per trovare uno sfogo a quella disperazione che imbratta i nostri occhi mentre pensiamo "ti prego, troviamoci ovunque, e prendimi". Iniziamo sempre così, rabbiosamente, l'uno nell'altra, senza parole, penetrandoci con un colpo secco, immediato, e poi, stingendo la rabbia del possesso, trascorriamo istanti eterni incastrati dentro di noi, in un gioco di sguardi che genera osceni propositi, e lenti movimenti per conficcarci fino in fondo, fino a dove ci sarà consentito. Vi sarà mai un limite, al nostro entrarci dentro?

Nevicarti addosso ... è questa la fantasia che la mia mente compone mentre il treno corre, mentre scorgo neve dappertutto. Avrei voglia di inondare il tuo seno di tanti pizzichi ghiacciati, scariche di piacere a cadenze impreviste. Urlerai ma non potrai muoverti, e del resto mi hai chiesto tu di legarti le mani sopra la testa con il foulard rosso con cui, all'arrivo, ricoprivi la tua inebriante e profumata scollatura. Sei arrivata qui, pazza e paonazza, indossando solo quel foulard rosso come le tue unghie, e quel piumino lungo fino alle ginocchia, a nascondere una pressochè totale nudità di intimo e vestiti. Che puttana sei, quando ti impegni a sedurmi, quando godi a vedermi schizzare voglia di sesso impellente dagli occhi, frustato da immagini tanto intime che difficilmente riuscirei a rendere con la scrittura.
Ti colpisco ripetutamente, polverizzando cristalli di neve sul tuo seno. Hai i capezzoli già inverosimilmente gonfi, tesi come chiodi, estroflessi come mai avrei supposto. Apro la bocca e lascio uscire dalle labbra dischiuse un po' della mia lingua umida, senza tuttavia sfiorarti. Voglio vederti inarcare la schiena per umettarti della mia saliva, per costringerti a toccarmi la punta della lingua dopo un sospiro infinito di sforzo e piacere. Lo farai, e solo dopo aprirò le labbra lasciandomi scopare dal tuo seno grande, così materno e ancora sodo. Vuoi essere morsa, non ti serve a niente la dolcezza e la morbidezza della mia bocca. Lo so, lo so bene, mi hai ripetutamente spiegato che non devo più essere tenero e mieloso, non sono un bambino, non sei mia madre. Inizio piano, senza premere eccessivamente, ma i tuoi occhi mi istigano a continuare, a portare questa dolce perversione fino ai limiti di un urlo di dolore, fino a quel "basta" che farà da anticamera alla nostra nuova congiunzione carnale.
Mordo, succhio, ti attiro a me, lasciandoti poi il dolore dello strappo. Cerchi di sopportare, e godi senza freni.

Non ne resta molta, di neve sul piattino, accanto a noi, ai nostri corpi nivei, pieni di rossori d'eccitazione, e il tuo di delicate efelidi. L'ultima scia di neve la dedicherò al tuo collo, alle labbra, a bagnarti la fronte che ormai brucia. Chiudi le palpebre, ti prego, e lasciami scorrere i contorni dei tuoi occhi, i lineamenti del viso, quelle lievi rughe che sono la tua bellezza, la tua età, il senso di un percorso di maturazione. Lascia che i miei polpastrelli freddi, per scaldarsi di te, traccino ogni tuo angolo e rilievo, lo memorizzino, e se lo scolpiscano dentro, per quando non sarai che il calore di un pensiero.

La neve, qui sul letto accanto a noi, si è ormai sciolta.

Ritorno a me, al treno che corre, alla vita che tornerà la stessa. Prima di scendere, ancora con la mente adagiata sulle immagini di noi tra la neve, compongo un breve sms per dirti, così, semplicemente:

- vorrei essere neve, per sciogliermi nel calore del tuo corpo ...

I sogni, e le fantasie te le scriverò non appena giunto a casa, partendo da questi appunti.

Ti andrà di rispondermi, anche questa sera, anche questa volta?

Eclissi Infinito

domenica 11 novembre 2012

Les Chansons de Bilitis



Lascerò il letto come ella lo ha lasciato, disfatto e sfinito, le lenzuola in disordine, perché la forma del suo corpo resti impressa a fianco della mia. Fino a domani non mi recherò al bagno, non porterò vestiti e non mi pettinerò, perché le sue carezze non si cancellino. Stamattina non mangerò e neppure stasera, e non metterò sulle labbra né rossetto né cipria, perché vi resti il suo bacio. Lascerò chiuse le persiane e non aprirò la porta, perché il ricordo rimasto non se ne vada con il vento.

PIERRE LOUYS, "Les Chansons de Bilitis, 5 Le passé qui survit

Quando un uomo scrive di amori al femminile ... tra l'altro, da questo libro è stato tratto un film, del 1977, intitolato appunto "Bilitis", regista il fotografo David Hamilton. Qualche delicatissimo stralcio può essere respirato su Youtube, per esempio all'indirizzo

http://youtu.be/RScsIWLZU_k


E ci sono incontri ... e ci sono baci ... in cui i sapori si fondono, si confondono, si mischiano, si appiccicano. Dita che entrano ovunque, aprono, dischiudono, raggiungono (nel tentativo impossibile di impadronirsi dell'anima), e guance che, nel rossore di un delirio amoroso, si ricoprono di carezze, di segni invisibili, mentre l'altro essere si cristallizza su di noi.

Andarsene lasciandosi addosso una pellicola del peccato che siamo stati assieme, giusto per non farsi dimenticare subito, quando riprenderò quel treno che ci porterà lontano, mentre la testa ristabilirà il controllo totale, e le immagini di quel contatto indimenticabile, vivido e profondo saranno restituite solo da flash di emozioni, improvvise, incontrollate.

Chi eravamo, e dove ... e perchè ...

E resterai, sfinita e sfatta, su quelle lenzuola candide, a cercare tracce di capelli sul cuscino, e una fragranza agrodolce, scoperta per la prima volta.

Ricordi quando ti toccavo ed eri pronta, aperta, e via via che i corpi si raccontavano, ti aprivi di più, ti allargavi, ti amplificavi?
Ricordi, i rumori di quelle onde, i suoni del tuo ventre, gli sciabordii di quella marea incontenibile che biancheggiava in te?
La tempesta non passava più, bastava un contatto delle mie dita e dopo poco eri "strada aperta e bagnata avida di te", come nella canzone di Anna.

Dov'eri? Dove eravamo, io e te?

Volevi il tuo sapore su di me, e ci sei riuscita. E' qui con me.

Purtroppo non basterà lasciar chiuse le persiane e mettere lucchetti alle porte, per impedire che il ricordo di me evapori con il vento ...

Le tende della tua camera oscillano, nel silenzio circostante, rotto solo da un lontano sferragliamento del tram ...
e sbattono, libere, quelle che abbelliscono questa carrozza ferroviaria, mentre mi sento soffocare, dal caldo e dalle emozioni.

Tra quanto, sparirà il ricordo di noi?

Eclissi

http://youtu.be/jdr69HtcNyw

domenica 28 ottobre 2012

Siilo in maniera estrema



Sii malvagia, sii coraggiosa, sii ebbra, sii sfrenata, sii dissoluta, sii dispotica, sii un'anarchica, sii una fanatica religiosa, sii una suffragetta, sii quello che ti pare, ma per amor del ciclo siilo in maniera estrema.

Vivi vivi pienamente, vivi appassionatamente, vivi disastrosamente au besoin"

[Violet Trefusis, Anime Gitane, lettere d'amore a Vita Sackville-West, Archinto]


Riprendendo in mano questo libro, giallo ocra stinto in una giornata grigia e freddissima, ho provato a verificare tra la mia corrispondenza se mai ne avessi scritto qualcosa, a riguardo, e a quando risalisse quell'acquisto. Luglio 2007 ...

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"Treno, sole altissimo nel cielo, il Golfo era uno spettacolo. E sono arrivato a destinazione con il sole che ancora non voleva andare a nanna. Mi sono immerso in un libro comperato stamani, "Violet Trefusis, Anime Gitane, Lettere d'amore 1910-1921, Archinto". Non immagini il piacere di leggere gli scritti di Violet sedicenne.

"Ti amo, Vita, perchè ho visto la tua anima".

E' stato un vero piacere, e un continuo brivido, pizzichi di fulmini cerebrali nella solitudine di un viaggio che non volevo essere scalfita neppure dallo sguardo dell'ignara ragazza dirimpettaia. Conosci bene la storia del loro amore saffico, ne abbiamo parlato a lungo, in passato. Leggo di un suo viaggio in treno, la scrittura di quel cuore palpitante e delirante ...

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Men tiliche, al ritorno in treno ... mi sono sentita improvvisamente svenire. Ti voglio terribilmente. Ti voglio in tutti i sensi, ma ti voglio tremendamente. Sai come. Non hai idea di come stia. Ho cercato di spiegartelo a Monte Carlo. Bisogna fare qualcosa. Molte cose che mi riguardano non le capisci. Sono passionale in modo sfacciato, 'quanto' immagino che tu neanche lo sappia. Non vorrei che tu lo sapessi. Tutta la forza della passione è incentrata su di te. Ti voglio, ti desidero, oltre qualsiasi altra cosa, come non ho mai desiderato nessuno nella mia vita. (Non riesco a vedere nessuno, nemmeno se ha una bellezza comune, senza emozionarmi, pensa cosa mi provochi tu.) Nella galleria ho chiuso gli occhi e mi è sembrato di sentire che ti piegavi su di me per baciarmi sulle labbra.

Oh Mitya, mon amour, ma vie, reviens. Il faut que tu reviennes.
Parfois, avant de m'endormir, à force de te désirer, je finis par sentir ton corps allongé à mes côtés, toute la tiédeur de ta chair frémissante, les baisers de ta bouche, et les caresses de tes doigts, et je défaillis, et je me sens sur le point de mourir ...
N'éprouves-tu jamais de telles sensations, voyons, un peu de franchise?
C'est que je te 'veux' que c'est de la frénésie! Il y a des jours entiers ou je ne pense qu'à cela. C'est de la démence, tout ce que tu voudras, mais aussi j'en meurs. Je suis sûr que tu n'as jamais rien éprouvé de tel.
Mon amour, ma joie, reviens, le t'en conjure!

(Oh Mitya, amore mio, vita mia, ritorna. Devi ritornare. A volte prima di andare a letto, a forza di desiderarti, finisco per sentire il tuo corpo stendersi accanto al mio, tutto il tepore della tua carne fremente, i baci della tua bocca, e le carezze delle tue dita, e mi sento di svenire, e sul punto di morire ... Non provi mai queste sensazioni, dai, in tutta franchezza? E' che ti voglio. Ti voglio fino a delirare. Ci sono interi giorni in cui non penso ad altro. E' follia, chiamala come vuoi, ma mi fa morire. Sono sicura che tu non hai mai provato nulla di simile. Amore mio, gioia mia, ritorna, ti scongiuro!)

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Scrittura moderna, giovane, che entra direttamente in circolo, nel sangue, nel cuore.

E il freddo di queste ore lascia il posto al calore di due cuori femminili, che battono quasi all'unisono per produrre pagine uniche a riflettere vita, incontri, baci, distacchi, deliri e malinconie.

Un pensiero a tutte coloro che, in treno, stanno ritornando sotto la pioggia, dopo aver scambiato il bacio che volevano, pensieri in movimento, ma con quella felicità unica che non scivola subito via, dopo l'amore.

Eclissi