martedì 10 luglio 2012

La piscina con idromassaggio

Ma che dolci, i massaggi in acqua termale ... oggi seconda seduta. Lo scopo è sempre lo stesso, cercare di correggere la mia notoria rigidità muscolare, e consentirmi di rilassare il corpo, di lasciarmi andare, di sbriciolare la tensione accumulata nei mesi invernali, ingorgo di lavoro, famiglia, scrittura, ricerca inutile di evasione, carenza di brividi e palpitazioni.
Io, nelle sue mani ... finalmente, completamente. Capita una volta all'anno, ed è il mio rito estivo, una consuetudine d'amore per me a cui non so rinunciare. A cui non voglio rinunciare.

Me lo merito.
Mi merito.

Lei è una donna, una fisiokinesiterapista. Una graziosa, giovane Donna. A cui affido il mio corpo, lo consegno nelle sue piccole mani, alla sua delicatezza, alla dolcezza che comunque passa, da pelle a pelle, ed è un travaso d'amore.
Curioso che lei non sappia (nè saprà mai, ovviamente) che è trascorso oltre un anno e mezzo dal mio ultimo contatto sentito, intenso ed intimo, con delle mani altrui. Mani femminili. Mani volute, mani desiderate, mani a cui non avrei potuto e saputo dire di no. E' a causa di questa compressione del corpo, di questo costante soffocare le sue richieste, le sue aspettative, i suoi bisogni, che si genera una crescente rigidità dei muscoli (collo e schiena, in particolare) e poi, di riflesso, un blocco interiore; si tratta di una mancata elasticità, anche emozionale, che, ne sono sempre più convinto, acquisirei facendo più spesso l'amore, o del sesso. No, non mi soffermerei a ricercare adesso quale sia il concetto più adatto alla mia situazione, visto che in letteratura scientifica si sostiene, a volte, che "il sesso è amore" ...

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"L'amore è attrazione, desiderio, piacere ... e basta!"

"La verità è che non siamo mai veramente noi stessi se non quando facciamo l'amore, e non realizziamo veramente ciò che siamo se non siamo pronti a sentire il piacere che ci travolge, ci sommerge, ci incalza, ci trascina. Verso dove? Verso nessuna destinazione che conosciamo, verso nessun luogo del passato e quindi dei confronti".

"E poi occorre sapere che l'amore è un balsamo, il più potente di tutti i farmaci. Ci innamoriamo per curarci, per guarirci, per evolvere, non per attaccarci a qualcuno".

[Raffaele Morelli, il sesso è amore, Mondadori, 2008]ù


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E' importante sottolineare come il sesso e l'amore, entrambi se fosse possibile, entrambi fusi assieme, siano davvero in grado di donarci un immediato potenziamento del nostro sistema immunitario, e ci facciano percepire "diversi" agli occhi altrui. Lo "stato erotico" cambia completamente il nostro rapporto con le persone che incontriamo, coi colleghi di lavoro, è un benessere diffuso che pervade le attività che svolgiamo e ci ritroviamo come d'incanto più reattivi, più propositivi, vitali, presenti.
Oh, che discorsi difficili, oggi ...

Prima che lei arrivasse mi sono immerso nella grande piscina, sotto i bocchettoni di acqua e aria opportunamente miscelate tra loro. Senza che nessuno mi vedesse - in quell'angolo e a quell'ora ero solo - ho fatto scendere un po' i pantaloncini, lasciando che il getto massaggiante si insinuasse ovunque, dietro e attorno a me. Sentivo le potenti spinte lungo i fianchi, sui glutei, nella sensibile zona perianale, e la forza del soffio d'acqua attorno all'anello dell'ano. Poi ... mi sono girato, e ho continuato a massaggiare con il flusso d'acqua il ventre, il pene, i testicoli.

Strano, trovarsi inginocchiato, praticamente nudo, davanti a folate impetuose di bolle vive ... 

La mia mente è riuscita persino ad inerpicarsi in strani pensieri, per esempio alle sensazioni che le donne descrivono quando bersagliano il clitoride con l'acqua calda della doccia. Alcune raggiungono orgasmi molto intensi, e immagino cosa possa generare il getto di una piscina con idromassaggio. Le Donne sanno tutto, prima degli uomini ...

Quando arriva lei, aspetto che si giri per prendere gli attrezzi dedicati al mio corpo, e mi tiro su i
pantaloncini, avvicinandomi sorridendo, pronto per una nuova seduta. Il solito me, carino, educato e pronto per essere condotto in una navigazione che, lo ricordo dalla volta scorsa, sarà prima dei sensi e poi del corpo.

Inizia sciogliendo i miei muscoli, pregandomi di lasciarmi andare.

"Fidati, mollati, abbandonati", la sento dire.

Dovrei sentire quella voce anche nella vita, durante le riunioni, quando parlo con i colleghi, quando discuto con loro, quando incontro persone sconosciute, quando mi chiudo in me stesso come un riccio, pronto a difendermi con gli aculei della parola senza riuscire mai ad esplorare il mondo altrui con gli occhi, con il tatto, con il cuore.

Mi sciolgo solo quando, in un modo che percepisco materno e tenero, lei fa appoggiare i miei capelli vicino al suo petto, muovendomi delicatamente, come fossi parte del suo corpo, e, lei, estensione del mio. Le orecchie scivolano poco alla volta a pelo d'acqua, e a quel punto perdo completamente il controllo di me. Di quel me sempre razionale, sempre ipercontrollato, con la testa ad arrovellarsi di continuo su pensieri, situazioni, progetti, schemi, risultati, conseguenze.
Ora non ho nulla che possa muovere e riportare a me ... le braccia sono mollemente perse nell'acqua, ho le gambe bloccate, e il collo e la nuca nelle sue mani. E così, smarrendo la posizione, mi ritrovo a volteggiare come un gabbiano nel cielo, con scarti, planate, stalli. Lei a direzionare il mio volo, a spostarmi sulla destra, sulla sinistra, girandomi a piacere, confondendo le mie certezze e la stabilità, fino a togliermi il senso dell'orientamento. 

Bella, la sua voce lontana, sopra di me, un po' metallica ed un po' ovattata, e piacevole percepire il suono del mio respiro, e l'alito di lei, vicinissimo al mio. Ma possibile che siano necessari questi momenti per comprendere la bellezza di due respiri che si sincronizzano e si fondono, tesi allo stesso obiettivo, una trasmissione di dolcezza e amore?

Decido di starmene ad occhi chiusi, per evitare di osservarla negli occhi, per lasciarla fare, libera da ogni controllo. Due esseri autonomi, dipendenti solo nell'istante del contatto. Il resto fuori, inesistente, e noi, scevri da inquinamenti, maschere, posizioni sociali, barriere e muri.
Sembravo veramente un giovane gabbiano condotto ad esplorare un liquido quasi amniotico, per mano di una Donna. Volteggi, movimenti, su e giù con la spina dorsale, cavalcando quel fluido delicato, caldo, ricco di vapori.

Ricordate il gabbiano Jonathan Livingstone, di Bach? Che voglia  rileggermi un passo, posso farlo? Mi consentite di respirare la pace e la libertà delle immagini di Richard?

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Arrivarono ch'era già sera. E trovarono Jonathan che volava librato, solo e in pace con se stesso, nel libero cielo che lui tanto amava. I due gabbiani che, a un tratto, gli comparvero d'accanto, uno di qua e uno di là, erano candidi come la luna, e dalle loro piume emanava un chiarore blando, suadente, nell'aria che imbruniva. Ma più amabile ancora era la grazia, l'abilità, con cui volavano, mantenendo fra le punte delle rispettive ali, una breve e costante distanza.
Senza profferir parola, Jonathan volle metterli alla prova. Una prova che mai nessun gabbiano aveva superato. Impresse sulle sue ali una torsione tale che gli permise di rallentare, fino al limite estremo, a un soffio dallo stallo. Ebbene, quei due radiosi uccelli, pure loro, rallentarono con lui, gli restarono alla pari, senza sforzo. Altrochè se s'intendevano, di volo lento.
Allora lui, raccolte le ali, rotò e si buttò giù in picchiata a centonovanta miglia all'ora. E quelli si tuffarono con lui, sfrecciando insieme a lui in perfetta formazione.
Infine lui compì, nella cabrata, un lungo mulinello verticale. E quelli volteggiarono con lui, tutti giulivi.

[Richard Bach, Il gabbiano Jonathan Livingstone]

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Ma quanto è bello, mormoravo tra me e me, mettermi per un giorno, per un'ora, nelle delicate mani di una Donna. Farmi bendare con lo scopo di tenere gli occhi chiusi e perdere il controllo della mia vita. Lasciar parlare il mio corpo, che sta sempre in silenzio, chiuso nei soliti, eleganti vestiti, strozzato da cravatte di seta, fasciato da sciarpe, cappotti, isolato dai brividi che può dare solo la pelle altrui.

Una Donna. Ecco cosa vorrei, cosa ci vuole. Una Donna, non una a caso ma un Essere Speciale, a cui consentire (prima di applicare a lei la reciprocità della relazione) di dedicarsi a me.
Ad un me coperto solo da una benda sugli occhi, per evitare di vedere, ma con la finalità principale di "sentire", "percepire", "osservare" con tutti gli altri sensi.

E così l'immaginazione è corsa ad una situazione intrigante, inaspettata ... mi ritrovo nudo, assieme a questa nuova lei, con una benda di seta nera sul viso, in realtà una fascia che prima le ricopriva i seni, dei magnifici e sodi seni. Fascia che le avevo abbassato, a scoprire una sola mammella, per far traboccare il capezzolo e torturarlo fino a sentirne la punta durissima tra le mie labbra umide. Avverto le sue mani scorrermi sul collo e la sento mormorare:

"E se ci facessi scorrere la lingua, sul tuo collo, e ti mordessi??"

Puttana e maliziosa, lei. Intrigante. Lenta, lentissima. Non ha fretta. Ha tutto il tempo per me. Mi sfiora, e mi lascia immaginare cosa farebbe, cosa mi farà, di lì a poco. Senza toccarmi, scorrendo solo i polpastrelli sul mio viso rosso per la sorpresa, madido di paura, sconvolto dalla perdita di controllo, e dall'affidarmi, ancora una volta, a mani sconosciute.

E prosegue, con voce flebile:

"Lo farei, ma senza farti male però ...
Un lento salire e scendere...
Dalla spalle all'orecchio
E poi alle labbra
Al mento
E di nuovo collo....

Adoro farlo..."

Puff ...

"Abbiamo finito. Ma si è addormentato?" ...

La mia specialista mi risveglia, mi riporta alla vita. Mi rimette in posizione verticale, poco per volta, per evitare traumi o giramenti di testa. Riprendo la solita normalità.

E capisco che il sogno, per oggi, è terminato. Ma il pensiero di quella Donna no, quello continua e continuerà a lungo.

Eclissi

2 commenti:

  1. Ciao Ecli, mi è sembrato di fluttuare nell'acqua leggendoti, leggendo del tuo desiderio inappagato di abbandono...
    Un bacio

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    1. Ah, se non ci fossi tu, dolcissima Manu ...
      Ti adoro, ma già lo sai ...

      Eclissi

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