Scorrono immagini in bianco e nero, sul grande schermo posto davanti
ai nostri visi attenti. Siamo entrati furtivi, mano nella mano, in questo piccolo
cinema, in una città ai margini dei nostri sicuri e protettivi sentieri. Io e
te, perfetti sconosciuti al mondo che ci circonda, e anche l'uno per l'altra:
soprattutto, tra noi. Chi siamo, davvero, io e te?
E chi avrebbe potuto immaginare che, in un giorno nebbioso di un anno
qualunque, in un ottobre piovoso, ci saremmo venuti, in questo posto, e avremmo
passeggiato sotto i portici e lungo le morbide anse del fiume che scorre quasi
immobile tra i salici, fissando vetrine e occhi curiosi, sfiorando altri noi
che camminano spauriti, talvolta disperati, alla ricerca di un istante di
paradiso?
Gli istanti di paradiso ... ne riusciremo a costruire uno, uno solo
per noi, oggi, costretti come siamo a correre all'impazzata, per la gran parte
dei giorni, senza quasi più emozioni e brividi? Rifletti su come viviamo, io e
te ... è un continuo zigzagare per evitare improvvise cadute di vasi di dolore,
posti bellamente in bilico sul bordo di mutabili balconi di malinconia, da quel
dio burlone che ci ha gettati qui sotto, senza rete. Bel Burattinaio, Lui,
impegnato com’è a spostare, depistare, intorcinare le nostre azioni, e ad
osservarci legare e slegare fili intimi di relazione e comunicazione.
Costretti, noi, ad indossare maschere in continua evoluzione, nel teatrino che
chiamano vita. Attori o comparse, poco conta, in un cinema del nulla, muto e
vuoto come le nostre esistenze; tutte, e per tutti, a scadenza definita, prima
del silenzio eterno.
Nebbia, fuori da questo cinema, il grigiore del mondo che si è fissato
nelle nostre ossa, mentre percorriamo i pochi metri che dalla stazione ci separano
da questo teatro. Senza guanti, tu, e così ho tolto i miei e ti ho lasciato
accarezzare la mia mano, calda, viva, delicata. Pulsa il sangue, in me. La
senti, vero, la mia voglia della tua pelle? Ho i brividi mentre mi insinuo
lungo le tue falangi gelide, fino a quelle gocce rosse di smalto, stese con
cura su unghie di donna abituata a graffiare, anche in amore. Bello, camminare
come due innamorati, a braccetto, per strade deserte, rese un po’ scivolose da
foglie ingiallite, spiaccicatesi al suolo dopo un volo trepidante e tremolante,
dalla vita alla morte. Ed io e te, vivi, oggi. Qui.
Abbiamo accarezzato per giorni questa voglia di fuggire da tutto e
tutti per isolare i nostri pensieri, per allontanare problemi e quotidianità,
coi telefonini imbavagliati per qualche ora. Voglia di silenzio, di pelle, di
noi. Un uomo e una donna, liberi di essere come si sentono. Liberi di darsi il
Tutto e il Niente che desiderano.
E così ti ho voluta, assieme a me, in un cinema. Poltroncine rosse, e
il vuoto davanti a noi, mentre siamo seduti come ragazzini in ultima fila, giusto
per non essere osservati da occhi indiscreti. Ma che stupidi ... e chi mai
verrebbe a cercarci, qui, in un cinema vuoto di periferia? Chi potrebbe sapere
di noi, in un posto che tra poco si immergerà nei primi vent'anni del secolo
scorso, e i cui contenuti non interessano quasi più a nessuno?
Ti siedi, sfilandoti l’ampio cappotto, ed accavalli le gambe,
sistemando la gonna molto corta dal tessuto elastico, e stirandola verso il
basso, con un lieve ancheggio. Credo tu l'abbia scelta per potermi osservare,
con la coda dell’occhio, mentre incedi ondeggiando sulle nuove scarpe coi
tacchi a spillo. Volevi essere ammirata, oggi, sinuosa ed elegante, bella per
me, e sai cogliere il mio sguardo rapito, estasiato. Mi accomodo anch’io e mi
va di accarezzarti i lunghi capelli, mentre suona la campanella che avverte
dell'inizio della proiezione. Con naturalezza porti la mia mano sinistra tra le
tue, sotto il cappotto che hai steso come una calda coperta sopra le nostre
ginocchia. Mi sussurri, con un filo di voce, che vuoi sentire il mio palmo
bruciante premere sulle gambe e sfiorarti le calze velate, risalendo dove
troverai solo un lembo di carne, delicata ed umida. E mi baci, all'inizio delle
labbra, sfiorandomi con la lingua e sfuggendomi l’attimo successivo, quando
avrei voluto ricambiare, penetrarti tra le labbra dischiuse. Sorridi maliziosa
e provocante, hai capito che ora so della tua voglia, e sono prigioniero delle
tue mani e della tua pazzia. Godi per essere stata tanto spudorata esponendoti
fino a dove non mi sarei mai aspettato: non indossi intimo, e probabilmente ti
sei anche depilata integralmente, forse per rendere più vividi i contorni della
soglia oltre la quale non potrò spingermi, e dovrò bruciare per l’attesa.
La Carne e il Diavolo ... il
corpo e la passione ... mi stai tentando senza porti domande, senza inibizioni,
un po' puttana, sicuramente inattesa. Apri le mani, che prima bloccavano le
mie, e lasci salire ancora la gonna, allargando le gambe con un sospiro di
liberazione che riempie il tuo petto e lascia vibrare il seno, sotto la
camicetta bianca aperta per metà. “Avvicinati e affonda in me”, sembri
sussurrare con quell'ansito di piacere.
Le luci si spengono, e le mani di un pianista iniziano ad accarezzare
i tasti bianchi e neri, solo una luce sullo spartito. Poi, l'orchestra,
clarinetti, violini ... oh, non ti avevo detto che stasera avrebbe suonato
un'orchestra dal vivo ... è nascosta nella buca, sotto il palco. La vedi? Quel
posto, sai, qualcuno lo definisce “golfo mistico”, chissà mai perché. Quei
maestri musicheranno, anche per noi, un film muto. Anche questo, hai ragione,
non te l'avevo accennato, era la sorpresa che ho tenuta nascosta fino alla
fine. Ma la vera sorpresa, ora, sei tu. Che approfitti del buio per reclinare
il capo alla ricerca del mio viso, lasciando cadere i capelli fini e lisci
sulle mie spalle. Avverto il tuo profumo, il sapore del tuo rossetto tra le mie
labbra, la voglia di dirmi che oggi sarai tutta per me. Compare e scompare la
tua lingua, che sfiora la mia e poi sfugge ancora, passando dal lobo delle
orecchie, al mento, fino alla base del collo, lasciando una scia di saliva
calda. “Bava di ragno che tesse la tela”, scriveva Alina Reyes in un suo noto
libro.
Nessuna voce, nessuna parola, nessun dialogo, sullo schermo. Parlano
gli sguardi e gli occhi, nella pellicola,
le tue labbra avide e le mie mani tremolanti, lungo le tue gambe. Lenta
risalita verso il paradiso.
Conosco bene questo film, vive di luce, di bellezza e fascino,
coniugate al maschile e al femminile. C'è la scena del ballo, molto nota, in
cui lui, mentre abbraccia la donna amata, posa l’attenzione sullo sguardo
bruciante, acceso, erotico, di una perfetta sconosciuta dal viso brilluccicante
... ne nasce un incrocio mortale di fulmini visivi che innescano una tremenda tempesta
di possessione. Perché, da uno sguardo così violento, così invitante, che mette
a nudo, non possiamo quasi fare a meno di conoscere l'anima che vi sta dietro?
"La carne e il diavolo", è proprio questo il titolo della pellicola
i cui fotogrammi illuminano le nostre voglie.
Si tratta di un film del 1926, straordinariamente sensuale. Loro, gli
attori protagonisti, sono Greta Garbo e John Gilbert ... magnifici, bellissimi.
Un tempo rabbrividivo pensando ad un film in bianco e nero, con gli attori
ormai morti da anni, e riportati in vita, a camminare e sorridere, grazie ad un
lungo nastro di nitrato di cellulosa. Quante pellicole, perse nel passato, e
quanto lavoro, per restaurarne una ... Perché il mondo, prima di distruggere e
ingoiare quanto abbiamo prodotto, rende ogni cosa ingiallita, sbiadita,
inutilizzabile. Morta in vita, come fanno molti di noi, che trascurano di
essere se stessi, che non coltivano il proprio intimo, e si lasciano andare,
inesorabilmente, ingiallendo prima del tempo.
Scorrono le immagini del ballo …
http://youtu.be/Hr2ehyOz2Ms
Gli occhi di lei luccicano, sprizzano gioia, desiderio. Ecco il
contatto, la scusa, il fattore delirio ... un ballo ... movimenti un po’
leggeri un po’ vorticosi, mentre gli sguardi affondano, si toccano, scendono
dove solo il cuore sa, e può, rispondere. E poi ... già, è sempre la donna che
decide, che attira l'uomo nella sua rete. E' lei che, con la scusa di offrirgli
una sigaretta, lo invita ad uscire, ad allontanarsi dalla folla, a lasciare
alle spalle tutti i rumori, ad annegare il resto del mondo ...
Un passaggio tra le rose, a forare un buio che attira a sé ogni
perversione ... sguardi che trapanano la notte, e la morbida luce del cerino ad
illuminarne il viso già meravigliosamente seducente, fino a disegnare riflessi
caldi della fiamma su una guancia.
"Who ...are...you?"
Le chiede lui, intimorito da quella presenza sconosciuta ... chi sei ...
"What does it matter"
Ma cosa importa saperlo, risponde la sconosciuta ... e lo fa con voce
flebile, sembra quasi di poterne percepire le parole, il tono deciso ma senza alcuno
spirito di polemica. Che senso può avere, saperlo ... sapere chi siamo, chi ci
ha messi al mondo, il nostro lavoro, i nostri affetti, la somma dei dolori e
dei piaceri che si sono stratificati sul corpo e sull'anima. Siamo qua, io e
te; io per te e tu per me. Conta
solo questo. Oggi.
"I'm going to
see you again...often".
"Perhaps ...".
Forse ... Forse ... Perché dover ipotecare il futuro, affrettare
tempi, prevedere incontri, fissare appuntamenti, volere una continuazione
quando neppure sappiamo cosa faremo e dove finiremo. Vale anche per noi, questo
concetto, nell’attimo esatto in cui usciremo da questo cinema e separeremo le
nostre vite. Viviamo adesso, ora, questo istante, e non pensiamo a domani, al
prossimo incontro. Magari non ci sarà, non succederà più di incontrarci. Forse
… chissà … Perhaps …
You are ... very beautiful".
"You are ... very young".
Lei fa scorrere la sigaretta tra le dita, immergendola nelle labbra
schiuse, umettandola di rossetto, sfiorandola con la saliva. Lievemente. E poi,
sempre lentamente, guardandolo senza abbassare gli occhi, senza cedimento
alcuno, gli porge quella sigaretta, con un gesto intimo e familiare,
permettendogli così di aspirare il sapore delle sue labbra, del suo rossetto, il
retrogusto della sua essenza. E’ un invito. Secco. Palese. Senza alternative.
E’ l’espressione di un bisogno impellente, intessuto di sguardi accesi e brucianti,
miranti all'unico contatto possibile tra due esseri viventi, iniziale,
ancestrale, indimenticabile: il primo bacio.
Il respiro di lei si fa più affannoso, sospira, siamo al culmine del
desiderio. Trema lei, trema lui, trema la luce baluginante della fiamma sul
cerino. Poi la spegne lei, con un soffio ... non serve fumare. No, ora non
serve.
E c’è quel bacio, famosissimo. Intenso. Violento. Rapace. Rubato forse
a quella donna che, mentre la festa impazza, non sa nulla di come la follia
amorosa possa far intersecare due individui in pochi attimi. Attimi vissuti
senza ritegno, senza barriere, senza muri e maschere.
E ci siamo noi, qui, in questo cinema, ad osservare un incendio
d'amore tra perfetti sconosciuti. Hai voglia di baciarmi, mentre le mie mani
sono salite piano fino alla fascia di silicone delle tue autoreggenti, e da lì
si stanno insinuando attorno alla scia di carne che sta accompagnando le mie
dita tra le tue labbra, sui bordi del centro della tua femminilità. Mi lasci
fare, vuoi che impazzisca al solo al pensiero delle mie mani, delicate,
infilate tra le tue cosce, e tu senza intimo, che ti muovi delicatamente,
inumidendo le mie dita, e io a non poter fare altro. Continui ad accarezzare
coi tuoi capelli le mie guance rosse di desiderio, accavallando ripetutamente
le gambe, stringendole per sfregarti sulle mie dita ... madide di te ...
La carne e il diavolo, la perversione tra noi … dalla pellicola a noi
spettatori, colti da improvviso delirio mentre scorrono i fotogrammi del film,
e l'orchestra suona ... mentre, poco alla volta, si insinua quell’attimo di
paradiso che ci regalerà un lunghissimo bacio di piacere, a denti stretti, quasi
senza fiato, due esseri fusi, incollati per le labbra.
Non potrò far altro, dopo l’applauso finale, che uscire da questo
cinema, e infilarmi con te per le strade nebbiose di questa città sconosciuta. Potrò
solo godere di pochi, ultimi baci, mentre il vetro appannato andrà sbrinandosi, mano a mano che l’aria
calda circolerà nell'abitacolo della vettura.
Resterà l’odore di te, tra le mie dita, mentre le lascio scorrere
ancora ed ancora sui contorni del tuo viso, e bacio, per l’ultima volta, le tue
labbra, quasi più senza rossetto.
Eclissi
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