giovedì 16 agosto 2012

Perchè lei - Annemarie Schwarzenbach



Ricordo bene, quel 1998. Prima rimasi colpito dall'intera pagina "cultura", a lei dedicata, da un quotidiano italiano, Il Giornale. Riporto qui sotto l’articolo a firma di Giampaolo Martelli, intitolato “Faccia d’angelo e i suoi demoni”. Tutto partì dalla folgorazione della storia raccontata nell’articolo, dalla foto di quel viso, apparentemente felice, sulle amate montagne dell’Engadina, in Svizzera, col cane adorato. Da lì, sì, da lì origina il mio amore per le donne “danneggiate”, bellissime e con dolori impossibili da risolvere.
Non so più che fine abbia fatto il giornalista che scrisse quel pezzo, ma lo ritengo uno degli articoli più belli ed emozionali della mia vita. In piena pagina la sua foto, la foto di Annemarie.
Annemarie, ricchissima, colta, raffinata, bellissima, e distante, distante.
Annemarie, il suo amore per le donne, per una sola donna, che non la riamò, Erika. Si può voler amare, per l'intera vita, quell'unica donna che mai la ricambierà?
Annemarie, drogata alla follia, costruttrice di mondi inesistenti, provò a suicidarsi senza riuscirvi, in più di un'occasione.
Annemarie, che alla fine si sposò con un diplomatico che non amò proprio.

Annemarie, che si imbarcò da Trieste per andare a sposare il suo uomo a Teheran. Matrimonio di pure apparenze, tanto …


Annemarie, che viaggiò moltissimo, fu una delle pochissime donne a poterlo fare, allora, rischiando la vita su percorsi difficoltosi;


Annemarie che, in fondo alla sua giovanissima vita, cadde in bicicletta, una banale caduta nella sua Engadina, attorno a Sils, e se ne andò, destino maledetto. Morte a cui forse anelava, ma che non riuscì mai a darsi da sola, in vita. Bastò un sasso, una caduta accidentale, voluta chissà da chi. E perchè proprio in quell’istante.
Dopo quell'articolo, riferito ad una mostra milanese a lei dedicata, iniziai ad incuriosirmi.
Chi fu Annemarie? Una scrittrice? Non penso proprio, ci provò, solo ora i suoi libri sono un "cult" per coloro che la amarono. Una giornalista? Neppure, credo, anche se i suoi articoli, e le sue foto, sono qualcosa di straordinario, per gli anni in cui visse. Fu uno specchio della decadenza della sua epoca, e ben rappresentò le dissolutezze che precedettero i disperati, confusi, anni della Seconda Guerra Mondiale.
Comperai due libri su di lei dal primo editore italiano che ne pubblicò la biografia, un editore donna che seleziona solo lavori di donne, sulle donne, per le donne. Luciana Tufani editrice.
Li ricevetti a casa, sono racchiusi nei bauli che contengono i tanti libri che compongono il tassello delle mie letture.
LEI, COSI' AMATA. E' anche il titolo della bellissima biografia romanzata che le dedicò la bravissima scrittrice Melania Mazzucco, dopo qualche anno di ricerche in Svizzera. Trovi questo libro anche in versione economica, fantastico.
Tutto qui.
L’inizio del mio percorso alla ricerca di donne “bellissime” e “danneggiate”. Loro mi vengono vicino, è sbagliato dire che io le cerco.
Forse, semplicemente, le attendo.
Buona lettura.
Eclissi
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Vent'anni, nel 1928, in uno dei suoi primi scritti, Conversazione, sintetizza con queste parole ciò che sarà il principio essenziale della sua vita: "Volete vivere con prudenza. Che cosa credete possa derivare dalla prudenza? Solo altra prudenza. Siete schiavi della vostra prudenza. Dove credete che vi porti - essa elude le strade pericolose (non avete visto che sono queste a portare più in alto?) (...) ogni genere di profondità è pericolosa. La prudenza rende piatta la vostra vita. E rende piatti anche voi". Annemarie Schwarzenbach ha presto lasciato la retta via per prendere solo strade difficili o, come dirà lei stessa, vie tortuose, deviazioni, vie sbagliate, senza uscita, strade notturne e vuote nelle grandi metropoli, piste carovaniere, mulattiere, sentieri tra i boschi e le colline dell'infanzia o tra i boschetti di melograni e i giardini d'Oriente. Tragitti, linee tracciate sulla carta, elementi del paesaggio, ma contemporaneamente anche percorsi nella sua geografia interiore e corporea. Ad ogni suo scritto corrisponde un viaggio realmente compiuto che diventa la base del suo lavoro, un elemento così indispensabile da farle affermare spesso di non essere adatta a nessun genere di vita sedentaria.
[Tina d'Agostini, introduzione alla biografia di Annemarie Schwarzenbach]
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FACCIA D'ANGELO E I SUOI DEMONI



Una mostra fotografica a Milano e la traduzione di due opere a 90 anni dalla nascita della più bella ed anticonformista scrittrice del Novecento.

Lo sguardo sembra che contempli l'infinito. I capelli corti alla garçon, leggermente ondulati sulle tempie, i lineamenti aristocratici, in un abito maschile nero e la cravatta annodata su una camicia bianca, Annemarie Schwarzenbach tiene tra le dita una sigaretta. Potrebbe essere il ritratto di un giovane dandy, di un esteta diafano, enigmatico e malinconico. A ritrarla è Marianne Breslauer, allieva e assistente di Man Ray, che avrebbe detto: "Non avevo mai visto nessuno come lei, se mi avessero detto che era l'arcangelo Gabriele e che mi trovavo davanti al Paradiso ci avrei creduto. Non sembrava né un uomo  né una donna, ma un angelo, un arcangelo, così come io immagino un arcangelo".


Era il 1931, e quella fotografia esposta in una libreria di Zurigo in occasione della pubblicazione di "Gli amici di Bernhard" fu trafugata nella notte da alcuni sconosciuti che infransero la vetrina. Qualche anno dopo, lo scrittore Roger Martin du Gard le dedica un libro ringraziandola "per portare su questa terra quel bel volto d'angelo inconsolabile". Ma dietro l'angelo che vuole volare oltre i confini umani, si nascondono lacerazioni e inquietudini, passioni e frustrazioni, aneliti verso l'assoluto e pulsioni autodistruttive che fanno di Annemarie Schwarzenbach - prima ancora che una scrittrice, una giornalista, una viaggiatrice - la protagonista di una vicenda umana sublime e insieme dannata.
Diventata un'autrice di culto in Svizzera, in Germania, in Francia e negli Stati Uniti, l'interesse su questa "figlia del secolo" si è accesa anche in Italia. Contemporaneamente ad una mostra delle fotografie di Marianne Breslauer, promossa dal Centro culturale svizzero (ospitata nella sede di via Vecchio Politecnico a Milano, e aperta fino al 7 novembre) sono usciti "Morte in Persia" (edizioni e/o) e La valle felice (Luciana Tufani editrice).
Nata nel 1908 da una famiglia dell'alta borghesia imprenditoriale svizzera, Annemarie Schwarzenbach cresce nel "paradiso" di Bocken, una villa, a pochi chilometri da Zurigo, immersa tra boschi e prati. I primi anni sono quelli di una bambina allegra e vivace, gioca con i fratelli e le sorelle, fa lunghe passeggiate con il padre Alfred, un uomo colto e amabile. I rapporti con la madre, Renée Wille, sono contorti e complicati. Avendo desiderato nascere maschio, trasferisce questa aspirazione su Annemarie, la figlia prediletta, indirizzandola verso uno stile di vita virile. La veste da maschietto con calzoncini di pelle bavaresi, poi la traveste da paggio, da soldato e da  marinaio. Vorrebbe che la ragazza diventasse una provetta cavallerizza ma Annemarie - a differenza della madre - non ama l'equitazione.
A Bocken intanto s'insedia stabilmente la cantante lirica Emmy Kruger che diventa l'amica del cuore di Renée: Di tanto in tanto le due donne scompaiono per  alcuni giorni. La relazione di Annemarie con la madre diventa conflittuale. Successivamente, Annemarie Schwarzenbach trascorre due anni nel collegio femminile di Fetan per poi iscriversi nel 1927 alla facoltà di Storia e Letteratura dell'Università di Zurigo. Gli occhi grigio-azzurri su un volto pallido, vestita con ricercata eleganza, quando compare nell'atrio dell'ateneo gll studenti smettono di chiacchierare e la guardano con ammirazione. Prima di laurearsi nel 1931 trascorre un breve periodo a New York e per un anno frequenta i corsi alla Sorbona di Parigi. Tra le opere che scrive vi è la trilogia delle "Novelle parigine" e "Ruth". Frequentando il caffè di Montparnasse conosce poeti, artisti e modelle. E però la Germania ad attrarre Annemarie Schwarzenbach che va a Monaco e dopo a Berlino. A Monaco conosce Erika e Klaus Mann, i figli del "mago" Thomas, uniti da un amore incestuoso ma non esclusivo. Affascinata da Erika, sicura disinibita e ribelle, Annemarie se ne innamora ma ben presto si rende conto che può rimanere solo ai margini della coppia. Erika si lascia amare ma rifiuta qualsiasi rapporto privilegiato. Comunque, i due fratelli diventano per Annemarie un sostegno e l'aiuteranno ad allontanarsi dalla madre. E sono ancora i due Mann ad avviare l'amica svizzera all'uso della morfina.

Berlino all'inizio degli anni Trenta è la città più libera del mondo. Offre emozioni, piaceri, frenesie erotiche. In quell'ambiente creativo e trasgressivo,  Annemarie è convinta di trovare se stessa. Si tuffa nella vita notturna e non va mai a dormire prima dell'alba. E attirata dai locali e dai cabaret degli omosessuali e dei travestiti come l'Eldorado e il Topkeller, dove si dà appuntamento una variegata fauna umana che ha infranto la morale borghese. Cerca di vincere la sua insicurezza, bevendo e sperimentando nuove relazioni amorose. Ma quegli eccessi, e la sua incapacità a vivere con leggerezza la rendono infelice. Uno stato d'animo che si ritrova nella "Novella lirica".  La vocazione di Annemarie Schwarzenbach è quella di scrivere ma anche di viaggiare. Sono tre i viaggi che compie in Persia dal 1933 al 1935. Durante il suo primo soggiorno, conosce il diplomatico francese Claude Clarac, un giovane di tendenze omosessuali, che le chiede di sposarlo. Ritornata in Svizzera, dopo un tentativo di suicidio, Annemarie riparte per diventare la moglie di Claude. Ma il matrimonio non funziona. Sofferente nell'animo e nel Corpo, il panorama che contempla è desolato e irreale. La "malattia persiana" è raccontata in "Morte in Persia" e in "La valle felice", una riscrittura in chiave lirica e visionaria del primo libro. Quella di Annemarie è una lotta contro i demoni interiori e l'opacità del mondo. Gli ultimi anni della sua vita li trascorre in una continua fuga. In lei si alternano slanci vitali e cadute nella depressione.
Per disintossicarsi dalla morfina entra ed esce da cliniche e ospedali psichiatrici. Continua a spostarsi con frenesia da un Continente all'altro. Forse per cercare una patria perduta. Con Barbara Hamilton-Wright attraversa più volte gli Stati Uniti. Si reca in Urss per compiere ricerche su Larenz Saladin, uno scalatore morto tragicamente. Sempre in automobile, insieme ad Ella Maillart, intraprende un avventuroso viaggio verso l'Afghanistan. Da sola va in India. Poi parte per l'America con Margot von Opel e il marito Fritz. A New York accade un episodio drammatico. La scrittrice Carson McCullers, la "Monaca deviante" della letteratura americana, conosce Annemarie, se ne innamora follemente e vuole che vada a vivere con lei. Annemarie rifiuta. Ma si trova al centro della gelosia di Margot e della Carson. Nel 1940, durante un raptus, Annemarie in una camera dell'hotel Pierre cerca di strangolare Margot von Opel, dopodiché tenta di uccidersi tagliandosi le vene dei polsi.
La morte arriva due anni dopo in Svizzera. Il l 5 novembre 1942 in seguito alle ferite riportate in un incidente cadendo in bicicletta, Annemarie Schwarzenbach si spegne.
[Il Giornale, 12/10/1998, Giampaolo Martelli, Album]

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