Ricordo bene, quel 1998.
Prima rimasi colpito dall'intera pagina "cultura", a lei dedicata, da
un quotidiano italiano, Il Giornale. Riporto qui sotto l’articolo a firma di
Giampaolo Martelli, intitolato “Faccia d’angelo e i suoi demoni”. Tutto partì
dalla folgorazione della storia raccontata nell’articolo, dalla foto di quel
viso, apparentemente felice, sulle amate montagne dell’Engadina, in Svizzera,
col cane adorato. Da lì, sì, da lì origina il mio amore per le donne
“danneggiate”, bellissime e con dolori impossibili da risolvere.
Non so più che fine abbia
fatto il giornalista che scrisse quel pezzo, ma lo ritengo uno degli articoli
più belli ed emozionali della mia vita. In piena pagina la sua foto, la foto di
Annemarie.
Annemarie, ricchissima,
colta, raffinata, bellissima, e distante, distante.
Annemarie, il suo amore per
le donne, per una sola donna, che non la riamò, Erika. Si
può voler amare, per l'intera vita, quell'unica donna che mai la ricambierà?
Annemarie, drogata alla
follia, costruttrice di mondi inesistenti, provò a suicidarsi senza riuscirvi,
in più di un'occasione.
Annemarie, che alla fine si
sposò con un diplomatico che non amò proprio.
Annemarie, che si imbarcò
da Trieste per andare a sposare il suo uomo a Teheran. Matrimonio di pure
apparenze, tanto …
Annemarie, che viaggiò
moltissimo, fu una delle pochissime donne a poterlo fare, allora, rischiando la
vita su percorsi difficoltosi;
Annemarie che, in fondo
alla sua giovanissima vita, cadde in bicicletta, una banale caduta nella sua
Engadina, attorno a Sils, e se ne andò, destino maledetto. Morte a cui forse
anelava, ma che non riuscì mai a darsi da sola, in vita. Bastò un sasso, una
caduta accidentale, voluta chissà da chi. E perchè proprio in quell’istante.
Dopo quell'articolo, riferito ad una mostra
milanese a lei dedicata, iniziai ad incuriosirmi.
Chi fu Annemarie? Una
scrittrice? Non penso proprio, ci provò, solo ora i suoi libri sono un
"cult" per coloro che la amarono. Una giornalista? Neppure, credo,
anche se i suoi articoli, e le sue foto, sono qualcosa di straordinario, per
gli anni in cui visse. Fu uno specchio della decadenza della sua epoca, e ben
rappresentò le dissolutezze che precedettero i disperati, confusi, anni della
Seconda Guerra Mondiale.
Comperai due libri su di
lei dal primo editore italiano che ne pubblicò la biografia, un editore donna
che seleziona solo lavori di donne, sulle donne, per le donne. Luciana Tufani
editrice.
Li ricevetti a casa, sono
racchiusi nei bauli che contengono i tanti libri che compongono il tassello delle mie letture.
LEI, COSI' AMATA. E' anche
il titolo della bellissima biografia romanzata che le dedicò la bravissima
scrittrice Melania Mazzucco, dopo qualche anno di ricerche in Svizzera. Trovi
questo libro anche in versione economica, fantastico.
Tutto qui.
L’inizio del mio percorso
alla ricerca di donne “bellissime” e “danneggiate”. Loro mi vengono vicino, è
sbagliato dire che io le cerco.
Forse, semplicemente, le
attendo.
Buona lettura.
Eclissi
**
Vent'anni, nel 1928, in uno
dei suoi primi scritti, Conversazione, sintetizza con queste parole ciò che
sarà il principio essenziale della sua vita: "Volete
vivere con prudenza. Che cosa credete possa derivare dalla prudenza? Solo altra
prudenza. Siete schiavi della vostra prudenza. Dove credete che vi porti - essa
elude le strade pericolose (non avete visto che sono queste a portare più in
alto?) (...) ogni genere di profondità è pericolosa. La prudenza rende piatta
la vostra vita. E rende piatti anche voi". Annemarie Schwarzenbach
ha presto lasciato la retta via per prendere solo strade difficili o, come dirà
lei stessa, vie tortuose, deviazioni, vie sbagliate, senza uscita, strade
notturne e vuote nelle grandi metropoli, piste carovaniere, mulattiere,
sentieri tra i boschi e le colline dell'infanzia o tra i boschetti di melograni
e i giardini d'Oriente. Tragitti, linee tracciate sulla carta, elementi del paesaggio,
ma contemporaneamente anche percorsi nella sua geografia interiore e corporea.
Ad ogni suo scritto corrisponde un viaggio realmente compiuto che diventa la
base del suo lavoro, un elemento così indispensabile da farle affermare spesso
di non essere adatta a nessun genere di vita sedentaria.
[Tina d'Agostini,
introduzione alla biografia di Annemarie Schwarzenbach]
**
FACCIA D'ANGELO E I SUOI DEMONI
Una mostra fotografica a
Milano e la traduzione di due opere a 90 anni dalla nascita della più bella ed
anticonformista scrittrice del Novecento.
Lo sguardo sembra che
contempli l'infinito. I capelli corti alla garçon, leggermente ondulati sulle
tempie, i lineamenti aristocratici, in un abito maschile nero e la cravatta
annodata su una camicia bianca, Annemarie Schwarzenbach tiene tra le dita una
sigaretta. Potrebbe essere il ritratto di un giovane dandy, di un esteta
diafano, enigmatico e malinconico. A ritrarla è Marianne Breslauer, allieva e
assistente di Man Ray, che avrebbe detto: "Non avevo mai visto nessuno
come lei, se mi avessero detto che era l'arcangelo Gabriele e che mi trovavo
davanti al Paradiso ci avrei creduto. Non sembrava né un uomo né una donna, ma un angelo, un arcangelo,
così come io immagino un arcangelo".
Era il 1931, e quella
fotografia esposta in una libreria di Zurigo in occasione della pubblicazione
di "Gli amici di Bernhard" fu trafugata nella notte da alcuni
sconosciuti che infransero la vetrina. Qualche anno dopo, lo scrittore Roger
Martin du Gard le dedica un libro ringraziandola "per portare su questa
terra quel bel volto d'angelo inconsolabile". Ma dietro l'angelo che vuole
volare oltre i confini umani, si nascondono lacerazioni e inquietudini,
passioni e frustrazioni, aneliti verso l'assoluto e pulsioni autodistruttive
che fanno di Annemarie Schwarzenbach - prima ancora che una scrittrice, una
giornalista, una viaggiatrice - la protagonista di una vicenda umana sublime e
insieme dannata.
Diventata un'autrice di
culto in Svizzera, in Germania, in Francia e negli Stati Uniti, l'interesse su
questa "figlia del secolo" si è accesa anche in Italia.
Contemporaneamente ad una mostra delle fotografie di Marianne Breslauer,
promossa dal Centro culturale svizzero (ospitata nella sede di via Vecchio
Politecnico a Milano, e aperta fino al 7 novembre) sono usciti "Morte in
Persia" (edizioni e/o) e La valle felice (Luciana Tufani editrice).
Nata nel 1908 da una
famiglia dell'alta borghesia imprenditoriale svizzera, Annemarie Schwarzenbach
cresce nel "paradiso" di Bocken, una villa, a pochi chilometri da
Zurigo, immersa tra boschi e prati. I primi anni sono quelli di una bambina
allegra e vivace, gioca con i fratelli e le sorelle, fa lunghe passeggiate con
il padre Alfred, un uomo colto e amabile. I rapporti con la madre, Renée Wille,
sono contorti e complicati. Avendo desiderato nascere maschio, trasferisce
questa aspirazione su Annemarie, la figlia prediletta, indirizzandola verso uno
stile di vita virile. La veste da maschietto con calzoncini di pelle bavaresi,
poi la traveste da paggio, da soldato e da
marinaio. Vorrebbe che la ragazza diventasse una provetta cavallerizza
ma Annemarie - a differenza della madre - non ama l'equitazione.
A Bocken intanto s'insedia
stabilmente la cantante lirica Emmy Kruger che diventa l'amica del cuore di
Renée: Di tanto in tanto le due donne scompaiono per alcuni giorni. La relazione di Annemarie con
la madre diventa conflittuale. Successivamente, Annemarie Schwarzenbach
trascorre due anni nel collegio femminile di Fetan per poi iscriversi nel 1927
alla facoltà di Storia e Letteratura dell'Università di Zurigo. Gli occhi
grigio-azzurri su un volto pallido, vestita con ricercata eleganza, quando
compare nell'atrio dell'ateneo gll studenti smettono di chiacchierare e la
guardano con ammirazione. Prima di laurearsi nel 1931 trascorre un breve
periodo a New York e per un anno frequenta i corsi alla Sorbona di Parigi. Tra
le opere che scrive vi è la trilogia delle "Novelle parigine" e
"Ruth". Frequentando il caffè di Montparnasse conosce poeti, artisti
e modelle. E però la Germania ad attrarre Annemarie Schwarzenbach che va a Monaco
e dopo a Berlino. A Monaco conosce Erika e Klaus Mann, i figli del
"mago" Thomas, uniti da un amore incestuoso ma non esclusivo.
Affascinata da Erika, sicura disinibita e ribelle, Annemarie se ne innamora ma
ben presto si rende conto che può rimanere solo ai margini della coppia. Erika si lascia
amare ma rifiuta qualsiasi rapporto privilegiato. Comunque, i due
fratelli diventano per Annemarie un sostegno e l'aiuteranno ad allontanarsi
dalla madre. E sono ancora i due Mann ad avviare l'amica svizzera all'uso della
morfina.
Berlino all'inizio degli
anni Trenta è la città più libera del mondo. Offre emozioni, piaceri, frenesie
erotiche. In quell'ambiente creativo e trasgressivo, Annemarie è convinta di trovare se stessa. Si
tuffa nella vita notturna e non va mai a dormire prima dell'alba. E attirata
dai locali e dai cabaret degli omosessuali e dei travestiti come l'Eldorado e
il Topkeller, dove si dà appuntamento una variegata fauna umana che ha infranto
la morale borghese. Cerca di vincere la sua insicurezza, bevendo e sperimentando
nuove relazioni amorose. Ma quegli eccessi, e la sua incapacità a vivere con
leggerezza la rendono infelice. Uno stato d'animo che si ritrova nella
"Novella lirica". La vocazione
di Annemarie Schwarzenbach è quella di scrivere ma anche di viaggiare. Sono tre
i viaggi che compie in Persia dal 1933 al 1935. Durante il suo primo soggiorno,
conosce il diplomatico francese Claude Clarac, un giovane di tendenze
omosessuali, che le chiede di sposarlo. Ritornata in Svizzera, dopo un
tentativo di suicidio, Annemarie riparte per diventare la moglie di Claude. Ma
il matrimonio non funziona. Sofferente nell'animo e nel Corpo, il panorama che
contempla è desolato e irreale. La "malattia persiana" è raccontata
in "Morte in Persia" e in "La valle felice", una riscrittura
in chiave lirica e visionaria del primo libro. Quella di Annemarie è una lotta
contro i demoni interiori e l'opacità del mondo. Gli ultimi anni della sua vita
li trascorre in una continua fuga. In lei si alternano slanci vitali e cadute
nella depressione.
Per disintossicarsi dalla
morfina entra ed esce da cliniche e ospedali psichiatrici. Continua a spostarsi
con frenesia da un Continente all'altro. Forse per cercare una patria perduta.
Con Barbara Hamilton-Wright attraversa più volte gli Stati Uniti. Si reca in
Urss per compiere ricerche su Larenz Saladin, uno scalatore morto tragicamente.
Sempre in automobile, insieme ad Ella Maillart, intraprende un avventuroso
viaggio verso l'Afghanistan. Da sola va in India. Poi parte per l'America con
Margot von Opel e il marito Fritz. A New York accade un episodio drammatico. La
scrittrice Carson McCullers, la "Monaca deviante" della letteratura
americana, conosce Annemarie, se ne innamora follemente e vuole che vada a
vivere con lei. Annemarie rifiuta. Ma si trova al centro della gelosia di
Margot e della Carson. Nel 1940, durante un raptus, Annemarie in una camera
dell'hotel Pierre cerca di strangolare Margot von Opel, dopodiché tenta di
uccidersi tagliandosi le vene dei polsi.
La morte arriva due anni
dopo in Svizzera. Il l 5 novembre 1942 in seguito alle ferite riportate in un
incidente cadendo in bicicletta, Annemarie Schwarzenbach si spegne.
[Il Giornale, 12/10/1998,
Giampaolo Martelli, Album]
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