domenica 24 marzo 2013

Notte al parco



Tutto iniziò da uno spunto, un insieme di pensieri che mi furono donati ... una ragazza sogna un incontro con il suo uomo, in un parco ... "perchè non costruisci un racconto su questi appunti?", mi venne detto ... Riporto qui la traccia iniziale, così come l'ho ricevuta ...

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L'immagine che più mi eccita oggi è il tavolo con le panchine in 1 parco a sant Ilario.. Dove c'è quell altalena rotonda..
Il tavolo è di fronte alla strada.. A 100 metri di distanza o forse 50..
Mi vedo li.. Sdraiata sul legno umido per la notte con seno e ventre esposti.. Le braccia sopra la testa e la gonna sollevata fin sotto l ombelico..
Se chiudo gli occhi sento il contatto del tavolo con la pelle fredda delle natiche aperte.. L aria che soffia sulle gambe aperte e sollevate All altezza del suo petto..

Ho 2 visuali in testa.. Dall alto.. Gli occhi che Si spostano dal seno che danza a ritmo dei suoi colpi nonostante lui mi tenga ferma con 1 morsa 1 fianco e attraverso le dita che Si chiudono attorno al collo.. Pressione che cresce mentre lo guardo e gli mostro il viso devastato..

E poi ci vedo come se fossi 1 macchina che ignara.. Nel passare.. Punta i fari su noi diluendo la notte e sollevando il buio che ci copriva..
E divento l uomo in macchina che rallenta per vedere meglio..
Sono quell uomo che deve nascondere l erezione e i pensieri sotto le ruote che vanno avanti.. Spostando i fari da quella coppia giusto in tempo per vedere il bagliore del seno..

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Leggendo queste note, mi è preso il desiderio di scrivere un racconto, anche per parlare di ragazzi, di periferie, di amori che manifestano vita anche nei posti più degradati.

Perché l'amore è semplicemente vita.

Buona lettura

Eclissi


NOTTE AL PARCO


Ho peccato, peccato, quanto piacere
nell'abbraccio caldo e ardente ho peccato
fra due braccia ho peccato
accese e forti di caldo rancore, ho peccato.
In quel luogo di buio silenzio appartato
nei suoi occhi colmi di segreti ho guardato,
nel palpito del petto furioso il mio cuore
tremava nei suoi occhi di desiderio in preghiera.

Forugh Farrokhzad

Ti sto attendendo, amore, dondolando sull'altalena, una delle tante che compongono questo esagono di divertimento. Ben sei altalene, tutte per me, in un parco senza custodi, senza cancelli, senza inutili barriere, al margine di una strada poco frequentata. Che triste, la periferia; vorrei vivere altrove, con te, ma per ora non posso andare via da questo posto grigio, i miei genitori non me lo permetterebbero, nonostante sia maggiorenne. Bello dondolarsi qui, con questo vestitino che respira d'estate, senza calze, senza reggiseno, indosso le scarpe nere col tacco alto che riservo per i nostri incontri, quelle che tanto ti eccitano, magnificamente adorne di un cinturino nero.

Ho la pelle lievemente abbronzata, ammorbidita dai massaggi fatti nel pomeriggio con olio di mandorle dolci, spinti anche tra le grandi labbra del mio sesso e i glutei sodi; è liscia, depilata, attendo solo di sentire le tue mani scorrervi sopra, ovunque, fino a quel centro da cui parte ogni mia perdita di controllo. Anche lì, e sarà una sorpresa, non troverai più la piccola striscia su cui respiravi tracce evanescenti del mio piacere, sarò doppiamente labbra nude, aperte alle tue voglie. Sono giorni che non ti vedo, giorni in cui mi pulsa tra le gambe il desiderio di sentirti dentro, rotta, sfondata, presa fino al cervello. Non ti ho detto nulla del limite di privazione a cui mi hai portata, lasciandomi troppo a lungo senza la tua pelle, senza la tua carne. Sì, sono un po' bugiarda, forse è perché temo di perderti, quando mi mostro troppo vulnerabile. Ti ho scritto solo dove incontrarci e queste poche parole: "prendimi". Avrei voluto aggiungere anche: "conducimi dove sai, dove saprò seguirti". Non l'ho fatto, ma sai bene che ti seguirò in tutte quelle follie che ti rendono sempre diverso, così imprevedibile, novità che rompe la monotonia di questi miei anni in attesa di trovare una strada, un sentiero di luminosa crescita nell'immobilità che mi circonda.

Non c'è nessuno, stanotte, qui, neppure i soliti drogati che, fermandosi ai bordi della strada, si adagiano sulle panchine di legno per iniettarsi la loro dose giornaliera di veleno. Che schifo mi fanno, che tristezza vedere la gioventù bruciarsi in questo modo. Con che coraggio vengono proprio qui, dove di giorno scorrazzano bimbi sorridenti, mamme pensierose e nonni premurosi? Non capisco quali vuoti interiori e quali mancanze possano trascinare in questi meandri di degrado un essere nato puro, fino a perderlo, condannandolo a smarrire se stesso, ad uccidersi giorno dopo giorno. No, io amo la vita, amo il sesso, amo condividere sensazioni, emozioni, parole. Amo vivere. Vivo d'amore. Vivo per te.

Dondolo, da sola, in penombra, i lampioni sono dall'altro lato del giardino, e stagliano tutt'attorno una luce giallognola, nel cui pulviscolo danzano alcune spaesate lucciole. No, non sono sola, c'è un frinire lieve e costante di cicale, e gli animali della sera mi staranno osservando, chissà cosa pensano di me. Si fanno mai domande, gli animali? E che risposte riescono a darsi? Adoro la luna piena, e quei pipistrelli che volteggiano zigzagando sulla mia testa, e poi si sovrappongono al pallore dell'adorato satellite butterato. Che meraviglia, quest'arietta tiepida che accarezza il mio viso e sfiora la mia provocante scollatura, mentre spingo in alto l'altalena, fino a sentire le corde che si tendono, giunta al massimo dell'elevazione. E poi adoro l'attimo in cui inizia la discesa, quel cadere giù, giù, senza fiato, un vuoto, un colpo al cuore. Amo librarmi senza rete sotto, amo osare, amo spingere i miei confini più in là. Spingermi oltre, con te. Sei adulto, e sei stato amato da molte Donne. Io sono la più piccola, la più inesperta (credilo pure), l'ultima tua conquista. Bramo saperti mia guida, sentiero sicuro e protetto, adoro potermi affidare alle tue mani, senza conoscere fino a che punto vorrai spingermi, senza immaginare la devastazione che il mio essere raggiungerà, lasciandomi condurre senza inibizioni e vergogna. E' quello che mi hai chiesto, è quello che farò.

Eccoti, non ne potevo più. Mentre dondolavo, continuavo ad accavallare le gambe, e al solo pensiero del tuo arrivo sentivo le labbra aprirsi, dilatarsi, inumidirsi di quelle piccole lacrime di voglia che conosco assai bene, preludio allo smarrimento dei sensi, farfalle nello stomaco e annebbiamento dei pensieri. Accavallare le gambe, in volo, e percepire il piacere che deriva dal contrarre, pulsando, i muscoli pelvici. Bagnata per te, non appena ti penso: è la mia condanna.

Posteggi lungo il marciapiede che affianca la strada, mi sorridi e ti avvicini. Sei bellissimo, jeans a vita bassa, camicia blu con alcuni bottoni aperti, la patta ricolma di voglie. Al mio messaggio hai risposto come fai di solito, affermando che ti saresti masturbato per calmare la voglia di prendermi. Lo fai sempre, ti svuoti senza ritegno, e così facendo ti calmi, liberi la rabbia di esplodermi dentro, restando in silenziosa attesa di un nuovo incontro, che però deciderai tu. Oggi, per eccitarmi a morte, mi hai persino spedito l'immagine del palmo della mano ricolmo dei tuoi zampilli trasparenti, con una lettera disegnata al centro, la mia iniziale, biancheggiante. Ho perso le staffe, ho smarrito il controllo di me, amore e odio scatenati in parti uguali; non potevo far nulla, non potevo averti accanto in quel preciso istante! Che rabbia, ma stanotte sarò vendetta. Non immaginavo quanto fosse intensa la mia voglia di leccarti fino all'ultima traccia vischiosa, di inghiottirti un fiotto alla volta, di vederti spalmato tra i miei seni bianchi, di sentire quei rigagnoli bollenti gocciare dai miei capelli fini e setosi fino al volto, arrossato di piacere.

Sei sempre di poche parole, quando stai con me. Ma neppure io avrei molta voglia di parlarti, stanotte, ho voglia di fare, di farti mio. Scendo dall'altalena, e ti corro incontro, abbracciandoti. Il mio seno sul tuo petto, le braccia al collo, mi trattieni, mi sollevi, mi afferri per le natiche e mi posizioni sui tuoi fianchi per poi calarmi di colpo giù, per farmi toccare la collina di piacere disegnata dal tuo membro tumido, per farmi sbattere in modo secco sulla voglia bastarda che hai di me. I tuoi occhi brillano, affilati, affamati. So di non avere scampo, quando fai così, quando ti incunei dentro di me, affilato coltello nel burro docile delle mie emozioni in fibrillazione, e ti accucci sulle rive della palude nera che a breve espellerà tutta la mia voglia di peccare. Sono troppo giovane, lo vedi. Spiegami cosa vuol dire "peccare", peccare a piene mani. Lo farò.

Portami in auto, sçopami lì, con la schiena sul volante, inarcata per evitare che tutto il circondario senta il suono del clacson. Sçopami lì, con le tue mani sui miei seni sodi, e quei capezzoli rosa, eccitati e dolenti, che ami mordere e strappare. Sçopami subito, voglio sentire il tuo çazzo impennato, ricurvo dentro di me, così duro che ogni movimento mi farà percepire, come lamette infilate nel cervello, tutte le tue vene, ingrossate, pulsanti, che sfregano le strette pareti della mia intimità. Saperti dentro di me, completamente, fino in fondo, mentre ti possiedo, avvolgerti, sentirti MIO; farti capire che non puoi andare altrove, prenderti altre, scappare da me.

Tenendomi sollevata, mi porti vicino al tavolo di legno contornato da panchine, dista solo una ventina di metri dalla strada, dal luogo in cui hai posteggiato. E' un angolo di chiacchiere, di pic-nic, frequentato da bambini che fanno i compiti estivi, e da mamme che sfogliano settimanali pieni di costosi capi d'abbigliamento, sognando incontri eleganti e amori segreti, amanti bellissimi e scopamici intriganti, per stingere dolori e malinconie della vita in un istante di godimento. Mi sbatti sul tavolo, incurante del mio urlo, con le gambe penzoloni, il sedere appoggiato al bordo di legno. Non oso dirti che qui non possiamo, che qui siamo vicini ad una strada, e ci sono delle case laggiù; forse potrebbe passare qualche automobilista, o una pattuglia in servizio di vigilanza. Me ne starò zitta, tanto non mi interessa il mondo circostante, adesso.

Avverto le gocce di umidità che imperlano il tavolo umido, penetrano la stoffa del vestito e lasciano brividi sulla pelle nuda delle cosce. Incolli il tuo membro a me, mentre avvinghio le gambe da adolescente ai tuoi fianchi massicci. Ti afferro saldamente il collo, blocco la nuca, ti spingo verso il mio viso truccato come quello di una modella, con le labbra rossissime. Infilo la lingua dentro la tua bocca, senza esitazioni, e inizio a baciarti con rabbia. In un gioco perverso di leccate, di lingue dardeggianti fuori e dentro di noi, ci sçopiamo tra i denti, sul palato, in una danza del piacere che non ha eguali. Sai avvolgermi con i tuoi baci intensi, mi contieni per poi spingermi ad aprirmi sempre di più. Le regole le detti tu, lo so, io devo solo aspettare.

Quanto amo leccarti come una gatta, con la punta della lingua tesa ad arco, saettarti dovunque. Disegno il contorno delle tue labbra anche nei lati più sensibili, ti succhio il mento, percorro le vene del tuo collo tirato, scendo fino al petto, approfittando dei bottoni slacciati. Lecco, sai di sesso, sai di buono. Poi, tornando sul tuo volto, mi spingo oltre, a lingua aperta, e passo avidamente sui contorni del viso, succhio le gote, ingoio le dita con cui mi sposti i capelli, vi passo lieve negli interstizi, una dopo l'altra. Dammi il palmo delle tue mani, e guardami come ci scivolo sopra, come lo imbevo di saliva, come seguo ogni linea della tua mano. Sono maga e cartomante, una fattucchiera perversa che sa interpretare le voglie reciproche.
Mentre lecco, ti sbottono la camicia che non vedevi l'ora di togliere, e ti apro la cerniera dei jeans, non prima di aver accarezzato a coppa quella collina, disegnando nuovamente i contorni del tuo sesso. Non indossi mutande, e il tuo çazzo esce fuori con un guizzo. Grosso, nodoso. Lo avvolgo con entrambe le mani dopo averle umettate di saliva, e inizio a masturbarti lentamente. Modellare il tuo fungo violaceo tra le mie mani, e poi staccarle all'improvviso, e ruotarci sopra, un palmo alla volta. Resisterai? Quanto? Ti sento vibrare, e il membro tendersi, gonfiarsi all'inverosimile, allungarsi per l'eccitazione raggiungendo misure considerevoli. Sangue che pulsa, sangue pompato dal tuo cuore; cuore che sento, che rintocca all'impazzata, che vuole abbracciare il mio e battere all'unisono.
Infili le mani sotto il vestitino, e mi sfili le mutandine. Ti aiuto sollevando una gamba, e così il perizoma scende dall'altra, restando appeso alla caviglia, incastrato nel collare dei tacchi. Mi spingi giù con la schiena, a contatto con il legno umido, ancora quella sensazione di bagnato, sulla pelle, attraverso il vestitino di seta. Tengo le braccia sopra la testa, mentre mi sollevi la gonna fin sotto l'ombelico. Fai tutto tu. Chiudo gli occhi, e godo del contatto del mio corpo caldo col tavolo viscido. Avverto la tiepida brezza della notte soffiarmi sulle gambe aperte, la sento accarezzarmi le natiche dilatate, impossibilitata anche lei ad asciugare il lago che mi cola, copioso, lungo le cosce. Non bastandoti questa oscena posizione, appoggi le mie caviglie sulle tue spalle robuste, e inizi a leccare il tatuaggio del fiore che si inerpica dal piedino lungo la gamba. Lo sai, vero, che questo fiore va annaffiato continuamente, e non posso essere io a farlo?

Hai le mani libere, adesso. Ti protendi in avanti coprendomi, mentre ti accarezzo fianchi e schiena, graffiando piano con le unghie smaltate di rosso vivo; dopo avermi lasciato addosso un filo caldo di bava, steso dall'ombelico al collo, fai scivolare giù le spalline dell'abito, scoprendo i seni con uno strappo liberatorio. Ancora i palmi delle tue mani a sfiorare con sicurezza le punte dei capezzoli, per sentirli tendere come chiodi di carne viva. Li pizzichi, li schiaffeggi, li tiri a te e li lasci tornare com'erano, dolore e piacere mescolati assieme, anticamera di un nuovo orgasmo.
Mi prendi per il collo, senza sforzare, chiudendo attorno le dita. Con un colpo secco infili il tuo membro marmoreo tra le mie grandi labbra grondanti di voglie. Che sensazione strana, passare da quel vuoto pneumatico al riempimento totale, chiusa e finalmente colma. Di te, del tuo amore, del tuo modo unico di possedermi.
Resti fermo per secondi interminabili, mentre mi adatto alle tue dimensioni, e ti inzuppo fino alla base, e ti sento tremare, in un fondo che non so più dove sia. Dove ha il fondo, una Donna? E che fondi può toccare, una Donna, quando ama? Poi inizi a sçoparmi, a pompare, ma facendo piano, con attenzione, scendendomi dentro lentamente e uscendo fuori del tutto, talvolta progredendo con un colpo secco, fatale, che sembra finire direttamente al cervello. I miei occhi ammirano il seno che danza al ritmo dei colpi inferti, nonostante vi siano le tue mani che mi bloccano, e si spostino talvolta sulle spalle, quando ritieni di poter imprimere maggior forza. Sbatti, sbatto, il respiro diventa sibilo, ansito. Ho paura di guardarti, di vedere lame taglienti di perversione al posto dei soliti occhi da cerbiatto impaurito. Ma sei bastardo, stanotte, mi sussurri "guardami!", poi silenzio. Tanto lo so, non appena metterò da parte la timidezza, riuscirai ad afferrarmi le pupille spaurite e le porterai nelle tue. Occhi negli occhi. Fragile, persa dentro di te. Ora, sì, puoi davvero capire quanto ti desideri, quanto sia coinvolta da te. Cos'è questa cosa, forse l'amore che ho letto nei tanti libri divorati da ragazzina? E il possesso, quello che a volte ci avvicina con rabbia e violenza controllata e condivisa, passa sempre per il sesso? Maledetti occhi, maledetto il tuo sguardo. Riesci bene ad affondare dentro, sottopelle, ad andare oltre il mio viso stravolto, sudato, col rimmel che si sta sciogliendo, e il rossetto ormai sbavato.
Sei un uomo vigoroso, potente, con quel çazzo che spinge rabbioso, e ogni colpo è una frustata di piacere, che dilata e squarcia. Sai bene cosa prendere da una ragazza inesperta come me, e in che misura, e fino a quali limiti.

Sto quasi per raggiungere il primo, delirante orgasmo, quando mi privi della doverosa conclusione uscendo di colpo dal mio corpo ansimante, ed entrando, senza preavviso e con la lubrificazione rimasta sul tuo pene, nell'altro buco. Buco per questa sera vergine. Non puoi farmi questo, sei una carogna. Inarco tutto il corpo, facendo leva sui gomiti, e inizio a sfiorare rabbiosamente il clitoride, alla disperata ricerca di sfinirmi, e finirmi, ed esplodere. Posso godere anche senza di te, non lo sapevi? Te lo dimostrerò ...

Con la testa abbandonata di lato, e gli occhi persi nel buio circostante, scorgo i fari di una vettura che si sta avvicinando. Oddio, chi starà mai arrivando? Chi vedrà il mio corpo disteso su questo tavolo, e il corpo dell'uomo che amo, nudo, di schiena, che mi sta sventrando da dietro? Brividi addosso ... la vettura rallenta, ci sono un uomo e una donna a bordo, forse una famiglia del posto. I miei occhi s'incrociano per un istante con quelli dell'autista, noto che l'utilitaria ha un sussulto, rallenta e poi riprende. Potrebbero essere i miei genitori, in visita a parenti, loro che pensano io sia a casa dell'amica più cara. Potrebbe essere una delle tante coppie adulte e decotte, il cui amore è ormai diventato affetto, consuetudine, routine; gente che, da giovane, più o meno alla mia età, faceva l'amore dove capitava, posteggiando lungo gli argini dei fiumi, nei boschi, nelle zone industriali, nei parcheggi senza telecamere, privi di controlli notturni. Coppie per le quali, ormai, il sesso è un lontano ricordo, e la passione si è afflosciata, e le voglie non accendono più le notti. E neppure i giorni. Vorrei non invecchiare mai, in questo modo.
La luce dei fari sfiora il mio seno, che continua a sbattere, e inquadra i miei fianchi sinuosi, che rispondono come possono ai colpi incessanti di chi mi sta possedendo. Penso a quell'uomo, l'autista che mi ha scorto nella luce fioca di questo parco, il cui sguardo si è prima deposto e poi sfilato dal mio corpo vibrante, e che, magari per un breve istante, avrà percepito un'erezione, un desiderio, una voglia di sesso, qualcosa che da tempo gli mancava. Chissà, forse l'immagine di me, su quel tavolo, con la testa piegata nel delirio, non lo abbandonerà mai più.

E' una collezione di istanti, la vita. Mentre quei fari si allontanano, sono attraversata da un brivido devastante, tutto cerebrale, colpita dal pensiero di poter essere stata notata da uno sconosciuto eccitato, e vengo, vengo con le mie mani, con il tuo giocattolo di piacere impiantato dentro di me, con le tue dita artigliate sui miei fianchi, virile e animale come ti desideravo. Urlo più forte. La luna sorride, i pipistrelli continuano a volteggiare, mentre gli animali del parco si saranno fermati, incuriositi da questo desueto gorgheggio d'amore. Voglio vivere, voglio amare. Anche così. Anche qui.

E' indescrivibile spegnere l'orgasmo nel tuo sguardo delirante, fermo immobile dentro di me, per godere appieno di tutte le scosse che mi stanno squartando il ventre. La prossima volta toccherà a te arrivare al culmine del piacere, spero condiviso. Stanotte ho portato a termine la piccola vendetta che avevo in mente, una ribellione che presto troverai modo di punire.

Mi alzo, ti abbraccio forte, ti bacio, sfiorando semplicemente le tue labbra secche, che sanno ormai anche di me. Sono felice. Anche qua, in questo posto di periferia, in un parco fatiscente dove la vita sembra condannare l'amore, colorato dalla voglia di noi, più vicini al paradiso di quanto non siamo capaci di immaginare.

3 commenti:

  1. 10 e lode
    dieci per la forma
    lode per il contenuto

    DEADELLADISCORDIA

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  2. Ma grazie dolce Dea della Discordia ...
    Una carezza
    Ecli

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  3. Meraviglioso, toccante, passionale... davvero bello!

    Ace

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